E l’imbarazzo regna sovrano nelle diplomazie occidentali

E l’imbarazzo regna sovrano nelle diplomazie occidentali

Alberto Pasolini Zanelli

da Washington

Una reazione a catena di «incidenti» in una escalation di imbarazzo. Questa la prima conseguenza dell’elezione di Mahmud Ahmadinejad a presidente dell’Iran. Non solo perché la sua vittoria sembra significare un ritorno all’integralismo e all’avventurismo dei tempi di Khomeini, ma anche perché la personalità del suo discepolo appare fin troppo «colorita» ma soprattutto fosca. Il governo americano, in particolare, sta esaminando non solo le voci secondo cui il giovane Ahmadinejad, nelle sue mansioni di Guardiano della Rivoluzione, avrebbe partecipato al rapimento dell’intero staff dell’ambasciata Usa a Teheran, trasformando i diplomatici in ostaggi per ben 444 giorni. Su questo episodio le testimonianze per ora divergono. L’interessato smentisce, ma le sue parole a Washington non vengono certo prese per oro colato. È in corso un’inchiesta «accurata». «Non mi meraviglierei se venisse fuori che è tutto vero - ha detto ieri il portavoce della Casa Bianca Scott McClellan -: questo è un regime guidato da una leadership non consacrata da alcuna elezione, e che permette solo le candidature di persone fedeli. Un passato turbolento può essere un merito più che un handicap».
Ma notizie ancora più inquietanti vengono da altre capitali straniere. Il governo austriaco ha fatto sapere di essere in possesso di prove che mostrerebbero che Ahmadinejad avrebbe partecipato il 13 luglio 1989 all’assassinio di Abdul-Rahman Ghassemlou, il segretario del Partito democratico del Kurdistan che si trovava a Vienna per una serie di incontri riservati. L’attuale presidente iraniano sarebbe arrivato nella capitale austriaca pochi giorni prima del delitto e avrebbe consegnato di persona al commando le armi da usare. Due collaboratori del leader curdo furono egualmente assassinati e, dettaglio oltremodo inquietante, Ahmadinejad sarebbe stato spedito in Austria per ordine di Akbar Rafsanjani, il rivale sconfitto nelle elezioni della settimana scorsa, considerato un «moderato» e come tale il preferito dai governi occidentali. I governi occidentali esitano dunque ad allacciare rapporti personali con un uomo su cui pesano simili sospetti e con i suoi collaboratori.
Dopo l’annullamento della visita a Roma del presidente del Parlamento iraniano, Gholam-Ali-Haddad Adel, è stata cancellata anche parte della visita dello stesso Adel a Bruxelles. Non una condizione felice, dal momento che trattative importanti sono in corso con l’Iran e devono essere riprese, perché coinvolgono il progetto di riarmo nucleare di Teheran cui Bush ha posto il veto, non escludendo azioni militari, mentre tre Paesi europei (Francia, Germania e Gran Bretagna) hanno preso l’iniziativa di un negoziato che è ancora in corso anche se in condizioni sempre più difficili.


Il programma ha subito qualche sospensione, ma il nuovo presidente ha ribadito subito che esso andrà comunque avanti. La maggior parte dei governi europei ritiene che si debba perseguire il male minore e cioè sottoporre gli esperimenti all’ispezione più stretta possibile.

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