E ora i comunisti rivogliono la scala mobile

Il capogruppo alla Camera Sgobio: bisogna dare ossigeno ai salari dei lavoratori

da Roma

Fin quando i Comunisti Italiani sono rimasti all’opposizione le parole del capogruppo alla Camera, Pino Sgobio, erano piume al vento. Oggi che la formazione guidata da Diliberto è un tassello fondamentale del puzzle dell’Unione, la sua richiesta di resuscitare la «scala mobile» è un vero e proprio macigno.
«Sul versante dei salari - ha dichiarato ieri Sgobio - si potrebbe pensare all’introduzione di una nuova “scala mobile”, capace di ridare ossigeno al portafoglio dei lavoratori e dei pensionati italiani». La sortita del deputato tarantino non è nuova: nel corso della settimana appena terminata l’appello all’indicizzazione degli stipendi al costo della vita è stato reiterato ben tre volte. «In Italia - ha detto - c’è una disuguaglianza sociale inaccettabile alla quale va posto rimedio. Da questo governo gli italiani si aspettano cambiamenti forti e decisi: speranze che non possono essere tradite».
D’altronde, nella passata legislatura Sgobio, anche allora capogruppo del Pdci, non lesinava comunicati stampa sul declino dell’Italia e sulla necessità di un intervento pubblico dell’economia ogniqualvolta i dati Istat denunciavano un arretramento sia pur infinitesimo del Pil o della produzione industriale. Ma erano altri tempi e anche dopo l’assemblea di Confindustria del 2005, quando il parlamentare propose per la prima volta il ritorno alla «scala mobile», nessuno vi fece troppo caso. Oggi, la situazione non è più la stessa.
E da quando il governo si è insediato, Sgobio non ha mai esitato a lanciare avvertimenti sull’intoccabilità di lavoratori e pensionati o sulla necessità di abolire la legge Biagi. L’ultimo, ieri: dalla legge 30 (la legge Biagi, ndr) bisogna eliminare «tutte le odiose e insostenibili storture» per «sconfiggere e superare la piaga della precarietà lavorativa». E da Taranto, città natale di Sgobio, il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, ha risposto a stretto giro di posta. «Le cose si fanno una alla volta. La modifica è nel programma, io mi attengo a quello. Sono moderato, gradualista e ostinato». E se i Comunisti vorrebbero un’abolizione tout court, il ministro diessino ha replicato per l’ennesima volta che i cambiamenti saranno introdotti in maniera graduale.
Si tratta di schermaglie. L’azione di governo non è ancora entrata nel vivo, sul decreto Bersani ci sono state parecchie retromarce e la Finanziaria è ancora in fase embrionale. In pratica, si può dire tutto e il contrario di tutto. Dalla difesa dei salari e delle pensioni all’abbattimento della flessibilità del lavoro. Ma ci sono alcuni fatti da non trascurare: Sgobio è stato uno dei parlamentari italiani che hanno esultato per il fallimento francese del Cpe, il contratto di primo impiego con possibilità di licenziamento che ha scatenato le proteste dei giovani transalpini. «È un campanello d’allarme anche per l’Italia - aveva affermato - e la sinistra faccia in modo di sentirlo».
Il deputato comunista forse non ha motivo di preoccuparsi perché il governo Prodi finora ha usato il pugno di ferro solo contro le classi medio-alte. E laddove si sia ravvisata la possibilità di uno scontro con i sindacati, si è subito prodigato in smentite e rettifiche.

Tutto questo dà a Sgobio e alla sinistra radicale un immenso potere contrattuale. E se non si tornerà alla «scala mobile», forse potrebbe avere miglior fortuna la sua proposta di legge per la detraibilità dalla dichiarazione dei redditi dell’abbonamento annuale ai servizi di trasporto pubblico.

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