E con la stampa italiana molti perdono la parola

Totti parla solo attraverso il sito dello sponsor, Del Piero si defila e Peruzzi ammette: «Sbagliamo ma anche i cronisti non sono angeli»

nostro inviato a Duisburg
Chi parla oggi? È il giochino più in voga a Duisburg nelle mattine che alimentano il mondiale italiano. Di solito l’interrogativo viene servito, col caffè, ad Antonello Valentini, portavoce federale, e ai suoi colleghi dell’ufficio stampa che hanno il compito di condurre trattative laboriose dentro lo spogliatoio azzurro, per ottenere la lista dei tre azzurri di buona volontà, disposti ad affrontare la graticola della conferenza-stampa. Il protocollo prevede persino la formazione di una commissione mista, carta stampata e televisione, chiamata a concordare le modalità degli incontri con la stampa. Prima di partire tutto deciso, codificato, scritto: nei giorni canonici parla il ct, negli altri 3 azzurri, a rotazione. Del ct non c’è traccia se non alla vigilia e la sera della partita: se poi finisce in un tumulto, meglio. Al telefono, perché è vero che i cronisti lo chiamano e lo sondano attraverso il cellulare (nuovo numero, naturalmente, dopo la pubblicazione del vecchio sui brogliacci delle intercettazioni), ma fanno semplicemente il loro lavoro, Marcello ha la risposta fissa: «Voi mi chiamate per sapere della formazione. E non va bene».
Il turn-over nel gruppo è un concetto ignorato. Di Totti non c’è traccia, se non al volo, nella mixed zone, prima e dopo le partite, oppure bisogna consultare il sito del suo sponsor personale che propone una specie di diario quotidiano. Dall’arrivo in Germania Del Piero ha una sola presenza, insieme con Nesta, sparito Toni, Cannavaro e Gattuso, Buffon e Zambrotta con Pirlo, affrontano invece il plotone senza timori, i primi due regalando battute divertenti, titoli e considerazioni mai banali. Materazzi è l’unico a sfidare l’impopolarità dell’espulsione e a mettere il faccione. Tutti gli altri sotto coperta. Che succede al club Italia? C’è chi immagina un silenzio stampa strisciante. «Affronteremo il tema dopo la partita di Amburgo» promette Abete che è il capo-delegazione. «Noi sbagliamo ma anche voi non siete angioletti» scherza e sferza Angelo Peruzzi il quale non gradisce, in nome e per conto del gruppo, i riferimenti ripetuti alla privacy, il pettegolezzo insomma e forse si riferisce agli inseguimenti e richieste di interviste a fidanzate e mogli, anzi alla Seredova per citare l’unico, vero caso di invasione. «Ogni giorno è una lotta per avere qualcuno disposto a parlare» fanno sapere dalla federcalcio e infatti da tre se ne presentano due. Se l’Italia approda alla finale intervisteremo l’interprete!
Ma il punto, anzi la curiosità, è un’altra. La voglia di parlare poco è responsabilità del pettegolezzo o figlia del cicchetto di Lippi alla Nazionale? «Chi vi ha detto che noi non abbiamo risposto, mica avevate le spie...» spiega sempre Peruzzi, uno di quelli che sanno come affrontare il toro.

E invece è andata proprio così, con i berci di Lippi e il capo chino di molti azzurri, nessuno disposto ad andare allo scontro frontale col ct per difendere il titolo di una intervista. Meglio allora rallentare le frequentazione con la sala stampa e dare vita a un silenzio stampa strisciante. Magari porta anche fortuna.

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