Dal vecchio grammofono degli anni Cinquanta la vocina di Lucia Mannucci narrava cosa succedeva «In un vecchio palco della Scala nel gennaio del 93». Un racconto che al secondo refrain si ripeteva solo iniziando con «...nel gennaio del 53». Nessuno dunque meglio del Quartetto Cetra, con questa canzoncina di Kramer, Garinei e Giovanni, aveva capito che le mode passano ma la Scala resta. E ben piantata al centro di Milano, rappresentandone paure e incertezze, aspirazioni e aneliti rivoluzionari, arte e cultura, conservazione e progresso della città. Come ha ben spiegato Giuseppe Barigazzi nel suo La Scala racconta (pp. 650, euro 29), riproposto ora dalla Hoepli nelledizione riveduta e ampliata da Silvia Barigazzi e Franco Pulcini.
Un percorso iniziato il 26 febbraio 1776, quando il Teatro Regio Ducale andò in cenere. Evento alquanto frequente in una scatola di legno e broccati, riempita di cartapesta e illuminato con le candele. Un paio danni sul luogo dove sorgeva la vecchia chiesa di Santa Maria alla Scala il Piermarini eresse quel che sarebbe diventato testa, cuore e pancia di Milano. Due anni dopo vi fece il suo ingresso il diciassettenne Marie-Henri Beyle, rimase a bocca aperta e sentenziò «Il più bel teatro del mondo». Giudizio che rinnovò negli anni anche quando era ormai diventato Stendhal. La Scala diventò subito punto di ritrovo per la moda, la politica e gli amori: impensabile per la dame trovare un luogo diverso dal suo foyer per presentare lultimo amante. In teatro si flirtava infatti ma anche si tramava e quando nellottobre del 1820 Silvio Pellico e il suo gruppo di cospiratori finì in manette, i palchetti rimasero a lungo semideserti. Qui un generale austriaco prese a ceffoni un borghese che non sera tolta la tuba durante lesecuzione dellinno imperial regio, si gridava Viva Verdi, inteso come acronimo di «Vittorio Emanuele Re dItalia», e si lanciavano volantini antiasburgici dalla piccionaia. Siamo ormai agli anni 30, la Scala sta combattendo una dura guerra interna con il Carcano e la Canobbiana, con cui si disputerà esecutori, Maria Malibran e Giuditta Pasta, compositori, Gioacchino Bellini e Gaetano Donizetti, e cuochi. Nel grande ventre del teatro infatti sbuffavano in continuazione le cucine che avrebbero sfornato migliaia di pasti. Perchè a teatro si mangiava, quello che sfornava il ristorante oppure i pasti portati dai servitori ai nobili e ai ricchi borghesi nei palchetti. Dove, oltre a fare lamore, cospirare, mangiare, qualche volta si ascoltava musica. E se proprio non cera meglio da fare, si scendeva nel foyer per sedersi ai tavoli di faraone, gioco dazzardo allora di gran moda. Le luci erano sempre accese e gli spettatori entravano e uscivano dalla sala ma non cera il rischio di perdere la continuità del racconto: spesso venivano eseguiti atti diversi di diverse opere, inframezzate da balletti. Lorchestra era sullo stesso piano della platea, attraversata da una passerella che consentiva ai virtuosi di esibirsi in continui bis.
Nonostante dunque più che un tempio dellarte e della cultura, qualche volta sembrasse un grande baraccone, la Scala continuò ad aumentare il suo prestigio. Incoronando «Re» senza discussioni Giuseppe Verdi, più tardi Giacomo Puccini «Principe ereditario». Mentre pian piano si apriva alla modernità, nel 1882 fece il suo ingresso lelettricità, del resto celebrata appena un anno prima nel «Gran ballo Excelsior» che celebra la vittoria della Luce (il progresso) sullOscurantismo. Ma la grande rivoluzione arriverà solo nel 1898 con la nomina di Toscanini a direttore artistico. Il maestro impose subito luci spente durante le esecuzioni, proibì bis e ingresso a opera iniziata ma soprattutto fece abbassare lorchestra nel golfo mistico, come indicato nel 1876 da Richard Wagner per Bayreuth. Insomma, la Scala stava prendendo definitivamente fisionomia. E la sua rilevanza per la città. Tanto che nel secondo dopoguerra ricostruire il teatro sventrato dalle bombe alleate divenne una priorità per tutti. Così già l11 maggio del 1946 Toscanini potè entrare in sala, battendo le mani per esclamare, soddisfatto dellacustica, «Rieccomi alla Scala». Una frase dettata dalla gioia, perché per finire in fretta i lavori, tonnellate di macerie rimasero sotto il pavimento creando qualche disturbo alla diffusione del suono.
Nel dopoguerra la Scala visse una seconda giovinezza, sostenuta dalla staffetta alla direzione artistica tra Antonio Ghiringelli e Paolo Grassi e dalla rivalità tra Maria Callas e Renata Tebaldi. Certo i fan non aspettavano più alluscita i grandi esecutori per staccare i cavalli della carrozze, e portarseli in trionfo per la città. Ne si picchiavano per sostenere la superiorità del compositore preferito.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.