Ieri al museo della Permanente la solidarietà è salita in passerella, ma non solo. Fra gli invitati, le «celeb», la stampa e i buyer, c'erano anche persone che con il mondo della moda non hanno nulla a che fare, e vivono aiutando il prossimo. Come Gigi Abba, 45 anni, uno dei cento volontari della Società del Pane Quotidiano, che abbiamo incontrato nel backstage di Vivienne Westwood fra modelli, truccatori e fotografi. «Da otto anni mi dedico al sociale tutti i sabati, e la domenica assisto due persone anziane». Gigi, sposato con una figlia di 18 anni, è il responsabile del magazzino di una società di trasporti e di tempo libero non ne ha molto. Però «ogni minuto "free", senza toglierlo alla mia famiglia, lo dedico agli altri: le cose difficili che ho dovuto affrontare nella vita mi hanno fatto apprezzare ciò che abbiamo e capire che è giusto dare qualcosa a chi ne ha davvero bisogno». Il giorno di Natale, ad esempio, Gigi lo ha passato con alcuni clochard milanesi: «Mia moglie e mia figlia erano ai Caraibi; io, che invece detesto il mare, ho preso la palla al balzo per stare a Milano e occuparmi di chi ha bisogno. Ho cenato con sei senzatetto al ristorante, e questa giornata mi ha riempito di felicità». Con la Società del Pane Quotidiano, nata a Milano a fine '800, invece, una volta a settimana aiuta a distribuire beni alimentari di prima necessità a chi non ha soldi per comprarseli: latte, yogurt, pane forniti gratuitamente da aziende impegnate nel sociale. «Negli ultimi due anni il numero di poveri è più che raddoppiato: da 1.200 a 2.500. Oggi i nuovi poveri sono gli immigrati, soprattutto cinesi, che un po' di anni fa non c'erano; i disoccupati e gli anziani, che prima vivevano bene con i mille euro al mese di pensione, oggi invece non ce la fanno più». Con le sue due sedi (viale Toscana 28 e viale Monza 335) Pane Quotidiano «rifornisce» tutti i giorni dalle 2.500 alle 3.000 persone.
Qui i bisognosi possono trovare anche altri generi di prima necessità, come abiti o coperte. «Proprio in questi giorni un ragazzo mi ha detto: "Non voglio il cibo, mi dia una coperta per favore". Richieste come queste ti fanno capire tante cose», conclude Abba.E il terzo settore finisce al museo
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