Un ebreo occidentale

Penso che il maestro Daniel Barenboim sia un uomo straordinario, e credo che l’animosità, ieri, abbia giocato un brutto scherzo a Fiamma Nirenstein che ha scritto di «irresponsabilità e violenza» per il fatto che Barenboim abbia scelto di accettare un passaporto palestinese. La sua decennale opera di pacificazione israelo-palestinese è già stata accennata da Dan Vittorio Segre, e spiace che manchi lo spazio per tratteggiare l’incredibile biografia di questo artista che resta tra i pochi ad aver coniugato e impegno civile e musica senza esiti vacui o retorici. Barenboim ha diretto il Tristano e Isotta alla Prima della Scala, ma il suo Tristano e Isotta più clamoroso resterà per sempre un altro: fu in Israele, dove suonare Wagner resta proibito perché ancor oggi associato al nazismo e ai campi di sterminio; in precedenza aveva chiesto ufficialmente di poter suonare quella musica e gli avevano risposto di no, ma poi chiese ugualmente al pubblico di poterlo fare sicché lasciarono la sala trenta persone su tremila.

Alla fine pianse, e non senza un malcelato e coraggioso dolore. Il giorno dopo gli dissero che sarebbe stato espulso dalla cultura israeliana sinché non si fosse scusato. Non lo fece mai, e cadde un altro pezzetto di muro.

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