Ecco la Chrysler di Marchionne Entro il 2014 tre miliardi di utili

Pareggio già dal 2011, ed entro il 2014 utili operativi tra 4,7 e 5,2 miliardi di dollari, pari a profitti netti nell’ordine dei 3 miliardi. Questi i dati previsionali essenziali del «Chrysler-day» di ieri, programmato giusto un anno dopo l’insediamento di Barack Obama alla Casa Bianca dal «ceo» del gruppo Usa e della Fiat, Sergio Marchionne.
Un evento che si è aperto con la musica di Bruce Springsteen, tra i cantanti preferiti dal top manager, insieme a Bobby McFerrin, la cui Don’t worry be happy aveva caratterizzato la presentazione dell’ultimo piano industriale Fiat. Ma ad accogliere giornalisti e analisti ad Auburn Hills, davanti al palazzo Chrysler, a guidare una pattuglia di grossi Suv e pick-up della casa americana, c’era una Fiat 500 azzurra. Come a dire: la piccola city car di Torino si pone al comando del battaglione Usa con l’obiettivo di farlo ritornare grande nel più breve tempo possibile. Tanto che già dall’anno prossimo la 500 sarà venduta in Usa.
È il Marchionne-style, al quale dipendenti, operai e analisti d’Oltreoceano si dovranno abituare. Pullover nero, sorridente, il ceo italiano ha affrontato con disinvoltura la maratona di oltre 6 ore, nel corso della quale ha illustrato il «suo» piano per rilanciare il gruppo Chrysler e tutte le sinergie con Fiat che permetteranno di abbattere i costi. Ad ascoltarlo anche l’azionista John Elkann («è un grande giorno per entrambi i gruppi»), Andrea Agnelli e Alessandro Nasi, in rappresentanza della famiglia, insieme ad Alfredo Altavilla, unico italiano nel board, e il resto della squadra con il neopromosso Olivier François al vertice del marchio Chrysler. Nell’introdurre Marchionne, il presidente Bob Kidder ha sottolineato come il manager «stesse reinventando il modello aziendale grazie anche al contributo di un team motivato e concentrato sui target; si vuole fare di questa società una grande public company e restituire il prestito concesso dai governi Usa e canadese».
«Le finanze di Chrysler - ha detto Marchionne - sono in miglioramento anche perché la società è stata parsimoniosa: alla fine di settembre la liquidità è risultata pari a 5,7 miliardi di dollari. In settembre Chrysler ha raggiunto il break even operativo. Solo da giugno, cioè da quando Fiat ne ha preso le redini, è aumentata di 1,7 miliardi di dollari». Il piano 2010-2014 prevede 21 modelli e 3 piattaforme condivise con Fiat. Tre le novità per Dodge, una compatta, una berlina media e un’auto nel segmento sotto le compatte. Chrysler diverrà il centro di competenza a livello mondiale per Torino e Auburn Hills per lo sviluppo di vetture ibride e elettriche.
Il taglio dei costi e le sinergie italo-americane si tradurranno per il gruppo del Michigan in risparmi per 2,9 miliardi di dollari nella gestione degli acquisti. Attesi, in particolare, i piani relativi al ritorno dei marchi torinesi negli Stati Uniti. La Fiat 500 in versione nordamericana, dal 2011 sarà venduta anche in versione cabrio e con una rete di concessionarie dedicate, per lo più nelle aree metropolitane, dove dovrebbe avere maggiore appeal sui consumatori. I rivenditori si sono impegnati a investire nella rete 250 milioni di dollari. E nel 2012, dopo anni di assenza, verrà reintrodotta l’Alfa Romeo: primo modello a essere lanciato sarà MiTo, seguito nel 2013 da una berlina midsize e dalla Milano. Più in generale, il nuovo piano prevede l’introduzione della tecnologia ecologica Multiair di Fiat anche sui veicoli tradizionalmente marchiati Chrysler.
La gamma di Auburn Hills è destinata a diventare più snella. Nel 2010 uscirà di scena il Jeep Commander, mentre nel 2011 si dovrà dire addio ai Dodge Viper e Dakota, e alla Chrysler Sebring. L’anno seguente, quando l’alleanza con Fiat decollerà con il ritorno di Alfa Romeo, Chrysler manderà in pensione i Jeep Compass e Patriot, e i Dodge Caliber e Avenger, ma anche il Pt Cruiser.

In vista anche l’addio a Grand Caravan, lasciando così al Town and Country il ruolo di unico minivan della società. Chrysler si aspetta una crescita dei propri volumi di vendite all’estero fino a quota 500mila unità entro il 2014. I volumi realizzati al di fuori degli Stati Uniti rappresenterebbero il 18% del totale.

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