Basta entrare verso sera in uno di quei posti un po' trendy che vedi una marea di gente con in mano un piattino. E l'agitazione è tanta davanto a risotti, insalate, pizzette e paste fredde che sfilano in mezzo a una folla che si accaparra posti a sedere in un frenetico viavai. Si chiama happy hour e il fenomeno, di questi tempi, va studiato. Perché è a quell'ora - il dopo ufficio s'intende (ma esiste ancora un dopo ufficio?) - che parte la grande corsa per l'arancino e i locali di cui sopra sono zeppi di tipi affamati. C'è in pratica chi infilzerebbe il rivale all'arrivo del fritto di verdure, e non parliamo poi se per caso all'improvviso compaiono delle crocchette: evitare una strage diventa davvero complicato. Insomma: in città ormai si usa così e va bene a tutti: ai ristoranti/bar che la sera riciclano anche un po' di residui del pranzo, ai clienti che si abboffano a prezzi più esigui di una cena normale.
In pratica la Milano da bere in tempi di crisi è diventata la Milano da mangiare, anche se poi l'argomento principale della serata è la dieta. E la cosa preoccupante è che - come l'altra sera - alla fine c'è sempre uno che si alza e chiude così: «Vabbè dài, andiamo a cena che ho fame». E il giorno dopo lo vedi correre al parco con la lingua fuori.Ecco la filiera (tecnologica) salsa per salsa
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