da Padova
Il meccanismo con cui il virus Hiv impedisce alle cellule immunitarie B non ancora infette di produrre anticorpi specifici anti-Aids non è più un segreto. È stato svelato e si aggiunge così un altro tassello di informazione sui numerosi modi messi in atto dal virus per compromettere la funzione immunitaria dell'individuo infetto.
La scoperta è dell'italiano Andrea Cerutti che, laureatosi in medicina e specializzatosi in ematologia all'università di Padova, è oggi al Weill Medical College della Cornell University di New York. Secondo l'articolo pubblicato sulla rivista Nature Immunology, protagonista della nuova strategia è la proteina virale Nef, che inibisce la produzione di anticorpi da parte delle cellule B, scoperta che conferma l'ipotesi di ricercatori italiani e stranieri secondo cui una buona terapia anti-Hiv potrebbe avere Nef come bersaglio.
Il sistema immunitario umano comprende linfociti T e B, i quali svolgono funzioni di difesa integrata contro gli agenti infettivi. I linfociti T rimuovono cellule infettate dai virus, mentre i linfociti B producono anticorpi in grado di neutralizzare i virus prima che questi penetrino nelle cellule. Esistono diversi tipi di anticorpi: quelli chiamati IgG e IgA sono capaci di neutralizzare agenti infettivi sia nel sangue sia a livello delle mucose respiratorie, intestinali e genitali. Queste caratteristiche rendono le IgG e IgA particolarmente importanti per la difesa contro il virus HiV-1, che tipicamente penetra nell'organismo attraverso il sangue o le mucose intestinali e genitali. Ma il virus Hiv-1, ha spiegato Cerutti, blocca la risposta immunitaria, inclusa quella anticorpale, tramite la sua capacità di infettare e distruggere una sottopopolazione di linfociti T che aiuta le altre componenti del sistema immune a funzionare in maniera ottimale. «La nostra ricerca aggiunge un nuovo livello di complessità a questo scenario», ha riferito lo scienziato.
Successivi studi hanno evidenziato che Nef impedisce ai linfociti B di produrre IgG e IgA. Dunque «pensiamo che l'attività soppressiva di Nef nei confronti dei linfociti B rappresenti una nuova strategia adottata da Hiv-1 per evadere il sistema immunitario», ha aggiunto Cerutti. Ulteriori studi saranno necessari per accertare i meccanismi tramite cui Nef penetra nelle cellule B e per verificare i dati ottenuti finora in modelli animali.
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