Ecco i 50 migliori cuochi del mondo Solo cinque gli italiani in classifica

Si salvano i nostri Pierangelini, Santini, Alajmo, Feolde e Cracco

nostro inviato a Londra
Certo che se negli ultimi mesi il «cibo» italiano che va per la maggiore nei telegiornali e nei giornali ha le forme della spazzatura piuttosto che del vino taroccato e della mozzarella alla diossina, non dobbiamo poi stupirci se all’annuale cerimonia dei S. Pellegrino 50 Best, gli oscar della ristorazione planetaria, trionfano i soliti arcibravi e arcinoti e per l’Italia, altrettanto brava ma ben meno nota all’estero, è una legnata. Da sei nei primi 50 nel 2007 ai cinque di ieri e sempre nessuno nei top 10 che sono poi quelli che contano, visto che gli altri fanno massa e alcuni pure tappezzeria. Primo per la terza volta consecutiva El Bulli di Ferrán e Albert Adriá in Spagna e, come l’anno scorso, sempre secondo The Fat Duck, l’Anatra Grassa di Heston Blumenthal a Bray a ovest di Londra, e sempre terzo Pierre Gagnaire a Parigi. Un volto nuovo al quarto posto, quelli di Andoni del Mugaritz nei Paesi Baschi, da settimo che era. Precede lo statunitense Thomas Keller, quinto con la casa madre in California, The French Laundry, e sesto con la versione per la costa est, il Per Se a New York. Quindi il francese Michel Bras, il basco Arzak, l’australiano Tetsuya’s e decimo il Noma a Copenhagen.
Complessivamente la Francia conferma 12 insegne, gli Stati Uniti 7 e non più 8, una in meno come la Gran Bretagna, da 7 a 6, mentre la Spagna sale da 6 a 7. Quinta l’Itala con cinque e non stupisca l’irruzione della Germania, da zero a tre: parliamo di un Paese che sarà pure colonizzato dalla Francia che forse proprio per questo la Michelin lo premia con 9 tre stelle quando noi italiani siamo fermi a cinque.
Noi rifiutiamo l’egemonia dei cugini, ma poi non siamo capaci di proporci con sicurezza e forza. Così Fulvio Pierangelini del Gambero Rosso a San Vincenzo (Livorno) si conferma 12°; Nadia Santini del Pescatore sale da 31° al 23° posto, prima a livello di cuoche, un bel balzo all’insù, l’esatto contrario di Massimiliano Alajmo delle Calandre a Rubano (Padova), da 16° a 36°, superato anche da Annie Feolde dell’Enoteca Pinchiorri a Firenze, da 41° a 32°. Esce dalla classifica Davide Scabin del Combal.zero, era 46°, rimane in pratica dov’era Carlo Cracco, da 42° a 43°.
I 50 Best vantano la giuria più ampia al mondo, quasi 700 persone suddivise in 23 aree del globo. Ogni giurato può votare un massimo di due locali della sua realtà. I problemi per gli italiani sorgono proprio quando si tratta di essere famosi nel mondo.

Gli altri, francesi e spagnoli, inglesi e americani, fanno sistema, sono sorretti dai loro governi e dalle loro industrie agroalimentari, i nostri no, si muovono in ordine sparso e allora succede che un critico sudamericano o asiatico finisce con il votare Adriá o Blumenthal «perché tutti fanno così».
Una consolazione: Gualtiero Marchesi è stato premiato alla carriera «un professionista dallo spirito rivoluzionario». I nostri due super chef più conosciuti? Cracco e Alajmo.

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