Ecco i juke box che mixano rock e letteratura

Cuore spezzato, paranoia strisciante, o, al contrario, gioia incontenibile? Per non pensarci (o per goderne) si può catturare una bella bottiglia e metter su un cd. E l’album migliore «per ubriacarsi in solitudine» è Improvvisi Op.90 e Op.142 di Franz Shubert, con l’Andante in Sol bemolle maggiore che ti entra nelle vene insieme al miglior whisky torbato, seguito a ruota dagli straziati blues di Josie Miles. Per sbronzarsi in allegria invece il meglio è il Best dei Beach Boys. Non è un prontuario per alcolisti, ma uno degli stravaganti consigli di Sparate sul Dj, di Angus Cargill (Arcana, pagg. 285, euro 16,5, trad. Chiara Veltri) in cui l’autore ha invitato critici musicali, romanzieri, fotografi a sparare le loro più fantasiose classifiche. Il pop è la più grande arte della nostra epoca - scrive Cargill - magnificamente sciocca e dall’immenso valore artistico. Così si diverte a giocarci, costruendo un juke box letterario da pub, che potrete fare vostro per poi inventarvene uno. Divertimento (ché il libro è assai graffiante e ironico) e impegno (provate voi a scegliere «dieci canzoni perturbanti per l’americano bianco medio che si sveglia dal coma», qui ad esempio è citata Something In the Way dei Nirvana).
Potrebbe essere una bella sfida - visto che certo rock da strada, sullo sfondo di un cielo di Hopper, è ormai letteratura - trovare i dieci migliori racconti in forma di canzone. Nell’elenco del saggista Stav Sherez al primo posto c’è Rock Minuet di Lou Reed, «il testo più estremo e inquietante del rock» e la splendida Highway Patrolman di Springsteen, storia di due fratelli-coltelli (o di un Esaù moderno) che ha ispirato l’esordio alla regia di Sean Penn. Non c’è il solito trito elenco «i dischi migliori di sempre»; troppo facile. Qui si va sul difficile: beccatevi «dieci dischi di persone in uno stato terribile che purtroppo sono molto migliori di qualsiasi cosa abbiano fatto dopo essersi disintossicati». Sembra apologia della droga, eppure sotto gli effetti di eroina e dintorni alcune star hanno dato il meglio; Lou Reed in R’n’R Heart e Iggy Pop nella perdizione di Kill City. Qualche dubbio sullo Young Americans di David Bowie, qui considerato «il soul di un ragazzo cocainomane in viaggio verso la morte».
Sembra facile citare dieci «rivoluzioni in musica»: Elvis, il punk... Ma come la mettiamo con uno che scrive che non è stato l’impegno di John Lennon a scuotere la politica, ma McCartney che, con i vaporosi Wings, ha scritto Give Ireland back to the Irish in risposta al «Bloody Sunday» del ’72. Il brano fu bandito dalle radio per 36 anni. Ma per motivi politici, scherza beffardo il classificatore (in questo caso Hari Kunzru, autore del best seller L’imitatore), o perché era una melodia da voltastomaco? Dal lato estetico potete scegliere i dieci baffi più famosi del rock. Per noi quelli di David Crosby, così folti, paciosi e al tempo stesso tormentati.

Ma qui è al nono posto; lo precede Jimi Hendrix, i cui baffetti non si vedevano neppure, ma che inventò il look incolto un secolo prima di George Michael, e vince Nick Cave, incrocio tra Proust e un barone del bestiame texano.

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