Ottenuto il placet di Bruxelles, resta solo un nodo da sciogliere per definire il provvedimento «salvabanche»: il tasso che gli istituti dovranno corrispondere al Tesoro sulla cedola del bond subordinato. La forbice fra il 6% e 9% di cui si è parlato nelle scorse settimane appare elevata ad alcuni banchieri: confliggerebbe, dicono, con lesigenza di finanziare leconomia a tassi convenienti. Per altri, si tratta di un livello accettabile. Una volta sciolto questo nodo, comunque, il provvedimento dovrebbe presto diventare operativo. La questione del codice etico è stata affrontata, e anche la sorveglianza del mercato del credito su base provinciale, da parte delle Prefetture, è stata accettata dalle banche. Fonti bancarie pensano che il tutto potrebbe concludersi già la prossima settimana.
Definite le norme, resta aperta la domanda da un milione di dollari: quale sarà la prima banca a chiedere la ricapitalizzazione? È in ballo una questione di reputazione. Chi, fra i principali banchieri italiani, si farà avanti per primo? Difficile rispondere, anche se una soluzione onorevole potrebbe essere quella di una richiesta, se non collettiva, almeno contemporanea da parte di qualcuna delle otto-nove banche potenzialmente interessate. Anche questo si vedrà.
Nella partita dovrebbe inserirsi - ma come vedremo subito, non si inserirà - la questione delle quote proprietarie di Bankitalia in mano agli istituti di credito. Alcune banche attendono con ansia la possibilità di alienare le loro quote proprietarie dellistituto di via Nazionale, per potersi ricapitalizzare senza far ricorso al prestito statale. Ma le aspettative sono destinate, per il momento, ad essere deluse.
La legge sul risparmio prevede che lannosa questione della «proprietà» di Bankitalia si debba risolvere entro la fine di questanno. Le quote, ora in mano ad alcune banche - fra le quali ci sono grandi istituti interessati alla ricapitalizzazione, come Unicredit e Intesa Sanpaolo - dovrebbero diventare pubbliche, dice la legge.
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