Ecco il piano contro Berlusconi: «Un blindato da far saltare in aria»

Quattro degli arrestati dovevano essere processati a Padova per tafferugli

da Roma

Un automezzo «blindato» carico di esplosivo che dopo aver forzato l’ingresso della casa di Milano di via Rovani sarebbe dovuto saltare in aria, ma anche un attacco armato diretto contro Silvio Berlusconi. Ecco come le Br stavano pianificando l’attacco al leader di Forza Italia, secondo alcune voci circolate ieri negli ambienti azzurri. Secondo un gruppo di parlamentari a raccontare i particolari sarebbe stato lo stesso Berlusconi. Paolo Bonaiuti, portavoce dell'ex premier, smentisce però con fermezza che Berlusconi abbia fatto a qualcuno questo racconto, che invece alcuni deputati che ieri hanno incontrato il Cavaliere a Palazzo Grazioli nelle molte riunioni che si sono succedute sulle candidature per le amministrative assicurano di aver sentito direttamente.
Secondo chi ha incontrato Berlusconi, l’ex premier non avrebbe rivelato ai suoi interlocutori se la fonte delle sue informazioni fosse la procura o l’antiterrorismo. Il Cavaliere comunque avrebbe parlato di un mezzo «blindato» che sarebbe dovuto servire a sfondare il cancello della sua residenza milanese, una villa in via Rovani sede del tink thank Officina vicinissimo a Parco Sempione. L’automezzo, «carico di esplosivo», avrebbe dovuto forzare l’ingresso della villa per poi essere fatto saltare in aria dai neo-brigatisti. Ma Berlusconi avrebbe riferito dell’esistenza anche di un secondo piano contro di lui, questa volta basato su un «attacco armato» direttamente contro la sua persona. Chi gli ha parlato nega però che l’ex premier sia spaventato per questa vicenda. «Era molto colpito» dalla dinamica degli attentati, ha riferito un senatore azzurro. Inoltre, ha aggiunto, «era molto dispiaciuto soprattutto per il clima che si respira in Italia in questo momento».
Intanto quattro degli arrestati dovevano comparire ieri davanti al giudice unico di Padova in un processo per alcuni tafferugli al centro sociale Gramigna.

Nel processo, infatti, erano imputati i fratelli Alessandro e Massimiliano Toschi, mentre dovevano essere sentiti come testimoni Alfredo Mazzamauro e Amarilli Caprio, tutti arrestati nell’ambito dell’operazione che ha portato all’esecuzione di 15 ordinanze di custodia cautelare.

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