Michele Anselmi
da Roma
Si chiama A casa nostra il caso politico della Festa. Il film di Francesca Comencini, sorella di Cristina, passa ufficialmente oggi in concorso, nel rush finale della kermesse; ma già ieri sera, allaffollata anteprima per la stampa, sè capito perché tutti ne parlano. A casa nostra, titolo ad alta gradazione simbolica, racconta infatti con piglio pessimista (e un finale aperto) lItalia poco morale del terzo millennio. Lo fa immergendosi in una Milano molto bella e fotogenica, naturalmente vista come capitale di finanza, moda e tv, ma anche delle adozioni illecite e di una certa corruzione post-Tangentopoli. Dentro vi rimbomba leco della recente cronaca giudiziaria, incluse, sotto forma di dialogo, alcune delle battute da «furbetti del quartierino» intercettate dalla polizia. Ad esempio, uno dei personaggi urla a un certo punto: «Con i miei soldi faccio quello che voglio». E un altro replica pari pari le parole in codice pronunciate a Consorte, via cellulare, dal magistrato amico che lo metteva in guardia.
Insomma, nello scrivere il copione con Franco Bernini, avvalendosi della collaborazione tecnico-giudiziaria del giornalista Gianni Barbacetto, la regista di Mobbing. Mi piace lavorare non sè fatta mancare niente. Eppure, A casa nostra non sembra proporsi come un film ideologico, in chiave anti-berlusconiana, non allude alla maniera del Virzì di N (Io e Napoleone). Lambizione è più alta. Ha spiegato la Comencini: «Ci sono almeno dieci storie che si intrecciano. Ma il protagonista vero è uno solo, il denaro. Sentimenti, desideri, piaceri ormai sono considerati merce vendibile. Il denaro non è più il motore solo delle nostre vite professionali: determina e comprime anche il nostro privato». E se non fosse abbastanza chiaro il concetto: «La centralità del denaro ci ha intossicato. È come un pulviscolo penetrato dentro di noi. Ho voluto raccontare condizioni diverse: da chi ha bisogno di soldi per sopravvivere a chi ne ha vergognosamente troppi. Sapendo che quando tutto diventa merce è il corpo della donna il primo a essere messo in vendita».
Cast di lusso, con Luca Zingaretti e Valeria Golino nei due ruoli principali, più un affollato contorno fornito da Laura Chiatti (la biondina emergente dello spot Vodafone con Muccino), Giuseppe Battiston, Luca Argentero, Bebo Storti, Cristina Sucio e tanti altri. Perché A casa nostra cerca la forza dellaffresco sociale e antropologico, sia pure in stile di noir metropolitano, a partire dallincipit, con quel discorso-civetta tra il commercialista dedito allinsider-trading e un suo collaboratore mentre la polizia filma da lontano e intercetta dalla centrale immaginata sulla Torre Velasca.
Zingaretti è Ugo, commercialista tarchiato e terragno, specializzato nel riciclaggio di soldi di dubbia provenienza. Chi gli sta addosso, nel tentativo di coglierlo in fallo, è Rita, ovvero la Golino, capitano della Guardia di Finanza fidanzata col più giovane e sinistrorso Matteo. Poi ci sono, in un intrico di percorsi che si sfiorano, la moglie di Ugo, che perse il bambino prima del parto e ne vuole assolutamente uno; lo sfaccendato e belloccio Gerry che, mentre celebra il quinto anniversario di matrimonio, già prova a rimorchiare la fotomodella Elodie, magra e cocainomane, a sua volta amante del commercialista; la prostituta romena Bianca, amata dallex galeotto Ottavio, che si ritrova in coma per una rapina (e il figlio che ha in grembo sarà «venduto» a Ugo). Tra cene al Savini e viste sul Duomo, il film immerge i suoi personaggi immaginari in una Milano reale, dove si mischiano voracità finanziaria e mediocrità culturale, case sontuose e violenza suburbana, sesso e tenerezza. Nei panni del «cattivo» implacabile, amico di politici e magistrati, ma non impermeabile a repentine fragilità sul versante privato, Zingaretti ha detto di non essersi ispirato a Fiorani o Ricucci: «Avrei rimpicciolito il personaggio. Meglio immaginare un affarista come tanti, che ha conosciuto una donna milanese della buona borghesia danarosa e preso in mano lazienda di famiglia. Il problema oggi in Italia non è risvegliare le coscienze, ma ritrovarle».
Il film, prodotto da Donatela Botti e Raicinema, uscirà nelle sale il 3 novembre. Era atteso alla Mostra di Venezia, ma poi non se ne fece nulla, per via di uno scontro tra Müller e i suoi selezionatori sulla collocazione da dargli. Giustamente la Festa ne ha approfittato.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.