Ecco come sarà il nuovo museo del Novecento

Eccole le prime immagini del famigerato museo del Novecento che a metà novembre, dopo tre anni di lavori (neanche poi tanto), aprirà i battenti dando degna sede alla collezione delle civiche raccolte milanesi. Siamo entrati nel cantiere e, a giudicare dal fervore e dallo stato delle operazioni, i tempi dovrebbero essere rispettati. Bisogna dirlo: questo museo sarà un fiore all’occhiello per la città e all’inaugurazione la sorpresa dei cittadini sarà superiore alle aspettative. Desterà certamente impressione la grande rampa a spirale a forma di cactus con le sue vetrate incastonate nella struttura razionalista dell’Arengario. Perfetta sintesi tra passato e presente. Marina Pugliese, direttrice scientifica del progetto, saltella veloce sulle scale mobili ancora imballate e mostra orgogliosa gli spazi che si apprestano ad accogliere i 350 capolavori selezionati tra le oltre 4.000 opere del «nostro» ventesimo secolo. Mai aggettivo possessivo fu più azzeccato parlando di un museo. Pur abbracciando un secolo di storia dell’arte, l’edificio progettato da Italo Rota e Fabio Fornasari rappresenta infatti un monumento all’identità culturale e artistica di Milano, fulcro di modernità e avanguardia sia nella grande stagione futurista sia in quelle successive fino agli anni ’60 quando la città fece da culla a movimenti innovatori come Corrente, lo Spazialismo di Lucio Fontana, il Movimento di Arte Concreta di Bruno Munari, il Gruppo Nucleare di Piero Manzoni, la stessa Arte Povera con Luciano Fabro, unico milanese ma tra i fondatori del gruppo. Il museo del Novecento si presenta dunque come un grande museo «tematico» e ciò lo rende già di per sè interessante perchè, come sottolinea la Pugliese, nasce come un progetto fondato sul «contenuto», in un’epoca che pullula di contenitori di un’arte globalizzata. Allo stesso tempo, la struttura è fortemente contemporanea nella concezione di dialogo con la città: le vetrate della torre, suddivisa in tre piani, renderanno «aperti» gli spazi alla strada ospitando un bookshop, sale video e un ristorante stellato (firmato da «Giacomo» di via Sottocorno). Il «cactus», che dall’esterno ha una vaga rassomiglianza con le forme del Guggenheim di New York, renderà sempre accessibile il «Quarto Stato» di Pellizza da Volpedo, mentre all’ultimo piano il grande «Neon» di Lucio Fontana brillerà come un segnale inconfondibile tra piazza Duomo, via Marconi e piazza Diaz. L’accesso al museo, che parte anche dai sotterranei della metropolitana, conduce a un percorso che dalla torre porta ai 3.500 metri quadri di spazi espositivi collegati attraverso un tunnel aereo alla «manica lunga», al secondo piano di Palazzo Reale: altri 1.500 metri destinati ad accogliere la collezione. Le opere saranno suddivise per sale monografiche a partire dal primo piano con quella dedicata a Boccioni e il futurismo, per proseguire con quelle di grandi maestri come De Chirico, Morandi e Arturo Marini. Le sale in grigio chiaro, illuminate con luci a imitazione di quella naturale, daranno spazio anche ad aree dedicate alla didattica e ad approfondimenti su singoli capolavori. Le vetrate e l’ampia terrazza fonderanno le opere a una inusitata visuale aerea dell’architettura razionalista delle piazze circostanti.

«La contemporaneità di questo museo -commenta l’assessore Finazzer - risiede proprio nel suo essere un ponte tra ieri e oggi ma anche tra la società civile e il mondo della cultura. D’altronde ripartire dal ’900 vuol dire capire che siamo tutti figli di questo secolo, che non è il “secolo breve“ descritto da Hobsbawm, ma un secolo... sconfinato».

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