Ieri ho sentito il presidente Berlusconi al telefono per gli auguri di Pasqua.
È stato come sempre cordiale, ma non mi ha risparmiato un sonoro rimbrotto per le due polemiche innescate dal Giornale
negli ultimi giorni, quella sul caso Lassini e quella sul caso
Tremonti. Alla faccia di chi ci vuole e dipinge come ventriloqui del
Palazzo (Chigi o Grazioli), il premier era all’oscuro di entrambe e
leggerle sul quotidiano a lui più caro non gli ha fatto piacere. Credo
più per il tempo che ha dovuto perdere a cucire e ricucire che per
altro. È vero che il premier ha già un diavolo per capello, è vero che
siamo in campagna elettorale e il Pdl dovrebbe mostrarsi unito e
sereno, ma è altrettanto vero che i giornalisti resistono a tutto meno
che alle tentazioni, soprattutto se il diavolo si presenta con in mano
una notizia.
Lungi da noi l’idea di fare danni, fu così anche nel
caso Boffo e per il famoso titolo «Il compagno Fini» che, in tempi
non sospetti (ottobre 2009), smascherò il piano diabolico del
presidente della Camera, costringendolo ad anticipare i tempi del
golpe con i risultati che ben sappiamo. Ma alla stampa nazionale non si
può lasciare oltre che campo libero nell’opera di sputtanamento
quotidiano del premier e del governo anche il monopolio nella
gestione mediatica dei fatti interni al Pdl. Tremonti, suo malgrado, è
usato dai giornali di sinistra come fu a suo tempo usato Fini (non suo
malgrado), esattamente come oggi viene usata Letizia Moratti nella
contrapposizione a Lassini sul caso dei manifesti anti-magistrati.
Persino Vittorio Feltri, uno che non ha mai esitato un secondo in vita
sua a pubblicare unanotizia senza chiedersi a chi giova, ieri è
caduto nella trappola del «qui son tutti matti». Matti un corno. Cosa
vogliamo, che sia Repubblica a decidere quando e come cucinarsi il mal di pancia di Galan per scagliarlo in faccia a Berlusconi? O che sia il Corriere a decidere il bavaglio ai non pochi che pensano che Lassini non sia un pericoloso criminale da radiare?
Nel centrodestra c’è chi soffre di un complesso di inferiorità. Ieri qualcuno diceva: ecco, queste polemiche ci indeboliscono. Il direttore di Repubblica scrive che sono la prova che siamo divisi e alla frutta. Primo, non vedo l’utilità di comprare e leggere Repubblica , secondo parla proprio Ezio Mauro, uno che da diciott’anni vive a pane e acqua e la frutta se la sogna, e non la vede neppure sulla tavola di Natale.
Davvero si vuole prendere lezioni di unità da una
sinistra che ha cambiato tre segretari in due anni? Se Ezio Mauro si
occupasse meno di bunga bunga e più di smascherare liti e veleni della
sua parte politica, forse questo Paese avrebbe una opposizione almeno
decente e magari in grado di essere un giorno alternativa di governo.
La realtà è che il centrodestra ha le spalle larghe, più di quanto
dicano i numeri in Parlamento.
Soltanto che non lo sa e si spaventa a
ogni sussulto, prendendo per buono quello che le opposizioni dicono di
lui. Vogliamo dirlo? E chi se ne frega di quello che scrivono Ezio
Mauro e Travaglio. Meglio leggere Galan e Tremonti.
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