Ecco Vinai, il moderato «rivoluzionario»

Moderato? Sarà, ma intanto Pierluigi Vinai, parla da rivoluzionario. Predica «rivolte dei cittadini», è pronto a «imbracciare il bazooka», sogna «disobbedienza civile». Il candidato del centrodestra accetta un confronto con la redazione del Giornale. Unica regola: nessuna regola. Un confronto libero, su tutto. A partire dal personale, per arrivare ai primi temi di un programma che, lo chiarisce subito lo stesso Vinai, è in costruzione e lo sarà fino all’ultimo giorno, perché «il programma si può cambiare anche ascoltando la gente».
Presentando la famiglia, svela il perché di tutti nomi con la A per i figli. Per Alessandro, il più grande («peccato, ha 17 anni, un voto in meno»), e Alessia, 12 anni, si è trattato di una coincidenza, «poi è diventato quasi una regola, così è arrivata Angelica, 7 anni, che poteva anche essere Arianna. Lei va dicendo che suo papà fa il sindaco. Mentre Andrea, il più piccolo, 4 anni, ancora non si rende conto». Un ribaltone familiare, questa candidatura, che da domenica ha cambiato molte cose.
Vinai, 44 anni, ma quanti chili ha già perso in due giorni per lo stress?
«Be’... di giorno non mangio e alla sera quando arrivo a casa tardissimo, mia moglie mi lascia qualcosa che scaldo nel microonde. Poca roba... a quel punto ho ancora fame e ravatto in casa quello che trovo. Adesso è così, d’altronde mia moglie, poverina, ha da metterne a letto quattro».
Sta già lavorando al programma?
«Finora no. Lunedì l’ho passato a sospendere i miei incarichi alla Fondazione Carige e all’Anci per evitare speculazioni. Con certi personaggi che circolano...»
Obbligo o trasparenza?
«No, un dovere etico. La legge non mi impone di sospendermi dalle mie funzioni in Anci e Fondazione Carige. Mi sembrava giusto farlo visto che da qui a maggio sarò impegnato solo nella campagna elettorale. Marco Doria, membro della Fondazione San Paolo, non mi risulta si sia sospeso e in passato altri candidati hanno mantenuto le loro deleghe».
Dopo le elezioni lascerà la Fondazione Carige?
«Rimarrei solo se il mio risultato fosse disastroso dimettendomi da consigliere comunale. Perché non rappresenterei l’opposizione. Diventando sindaco o anche andando al ballottaggio, come leader dell’opposizione, non potrei tradire il mandato ricevuto e lascerei la Fondazione».
Una bella rinuncia.


«Passerei dagli X euro da consigliere della Fondazione agli Y euro di consigliere comunale. Che oggi, se fa tutte le riunioni, prende 1.300 euro al mese. Con lo stipendio part time di mia moglie, il mutuo da pagare... no, non ce la farei a mandare avanti una famiglia di sei persone». (...)

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