
Dal 4 luglio scorso c'è un nuovo miliardario negli Usa. O forse ci sono due «vecchi» billionaire dietro la vendita di 80mila Bitcoin, fermi dal 2011, di un paio di settimane fa. Il loro valore oscillava attorno ai 120mila dollari, a comprarle a maggio e a luglio di 14 anni fa a un prezzo ridicolo, (20mila a 0,78 dollari e 60mila a 3,37 dollari, con una spesa inferiore a 220mila dollari) e a rivendere sarebbero stati i nemici storici di Mark Zuckerberg, cioè i suoi ex colleghi universitari stramiliardari Cameron e Tyler Winklevoss. I pionieri della blockchain con Gemini, il loro exchange con 33 criptovalute da 300 milioni al giorno, avrebbero portato a casa 9,6 miliardi con un click.
A risalire ai beneficiari di una delle compravendite più incredibili dell'economia moderna sono stati gli analisti di Decripto.org, che sono partiti dagli indirizzi di 10mila Bitcoin, provenienti dalla piattaforma MyBitcoin.com, uno dei primissimi exchange al mondo. È da lì che arriva oltre il 60% del cryptoasset rimesso sul mercato nel luglio scorso, su almeno altri 30mila ci sarebbe l'impronta del loro pioneristico computer del tempo. Con un piccolo giallo: quell'anno la piattaforma fu svuotata di circa 154mila Bitcoin, l'attacco fu scoperto solo settimane dopo.
Nel 2013 i gemelli Winklevoss, considerati i veri inventori di Facebook, investirono in Bitcoin 11 dei 65 milioni di dollari della causa vinta contro Zuckerberg: altri 100mila a 120 dollari che oggi valgono mille volte di più. I ricavi dalla vendita degli 80mila Bitcoin - che ha toccato un nuovo massimo a 123mila dollari - sono stati depositati con 26 diverse transazioni il 15 luglio scorso nell'exchange Galaxy Digital, utilizzato per grossi prelievi. Nonostante i proclami di esperti e osservatori, che vedono il valore di Bitcoin arrivare presto a 150mila dollari, c'è chi osserva come invece quest'operazione per volumi e tempistica potrebbe avere un impatto negativo.
Il mondo delle criptovalute interessa sei italiani su dieci ma le truffe sono dietro l'angolo, come ha ricordato il presidente della Consob Paolo Savona. Questa è anche la settimana che Donald Trump ha ribattezzato Crypto Week per le misure economiche in discussione al Congresso: il Clarity Act, l'Anti-Cbdc Surveillance State Act e il pacchetto sulle stablecoin Genius, un tipo di cripto moneta il cui valore non ha oscillazioni ma è agganciato a quello del dollaro.
L'obiettivo della Casa Bianca è provare a migliorare la credibilità di questi strumenti, spingere alla loro diffusione e tentare così di annacquare il calcolo del maxi indebitamento americano e condizionare l'aumento dell'inflazione con una sorta di legalizzazione dei crypto asset in pancia al governo Usa («Saremo la crypto capital del mondo», avrebbe detto Trump ai suoi), in un braccio di ferro con il governatore della Federal Reserve Jerome Powell - a rischio licenziamento - per queste spregiudicate alchimie sul bilancio. E proprio ieri la Camera Usa ha consegnato un'importante vittoria all'industria delle criptovalute e a Trump, approvando il provvedimento sugli stablecoin, a cui il Senato aveva dato il via libera.