Economia

La pensione arriverà così: 4 strade per lasciare tutto

Le vie anticipate per potere raggiungere la pensione dopo la sperimentazione di Quota 100: che cosa fare

La pensione arriverà così: 4 strade per lasciare tutto

In attesa di una vera e propria riforma pensionistica, il lavoratore che si ritrovi a interrogarsi sul proprio futuro pensionistico dovrà orientarsi fra i numerosi accessi derogatori che sono disponibili oltre alle due forme di pensionamento ordinario. Infatti, il sistema pensionistico italiano, come abbiamo ricordato, dopo la Riforma Fornero del 2012 ha registrato la presenza di due ingressi a pensione "principali": la pensione di vecchiaia (che arriva, fino al 2022, a 67 anni di età con almeno 20 anni di contributi) e la pensione anticipata, basata sulla anzianità contributiva con un requisito diverso per sesso (42 anni e 10 mesi per gli uomini, un anno in meno per le donne, ma sempre con una finestra di attesa pari a 3 mesi).

Ape sociale e pensione per lavoratori precoci

Dal 2017 sono presenti due strumenti, per anticipare la pensione, collegati a 4 status alternativi di bisogno: gli status sono quelli dei disoccupati di lunga durata, degli invalidi almeno al 74%, dei care givers e degli addetti a mansioni gravose. Il primo è il cd. Ape sociale: una indennità ponte aperta a chi ha almeno 63 anni di età con un requisito contributivo di almeno 30 anni, che possono diventare 36 solo per la categoria degli addetti a mansioni gravose. Le lavoratrici con figli possono avere uno sconto sul requisito contributivo di un anno per ogni figlio (per un massimo di 2 anni di bonus). L’Ape è una indennità pari alla pensione maturata al momento della chiusura del rapporto di lavoro, con un valore massimo di 1500 euro lordi mensili e riconosciuto per 12 mensilità annue fino alla maturazione dell’età anagrafica della pensione di vecchiaia; non è un prestito bancario, essendo a carico dello Stato, e non ha una durata massima, ma si interrompe raggiunto il requisito anagrafico della pensione di vecchiaia. Per ottenerlo bisogna chiudere qualsiasi rapporto di lavoro e, in caso di nuovi rapporti durante la percezione di questa indennità, bisognerà rimanere entro i limiti reddituali previsti dalla Circolare Inps n. 100/2017. Un altro ingresso anticipato a pensione è quello dei lavoratori precoci: questi devono avere lavorato, in Italia o in paesi convenzionati, almeno 12 mesi prima del compimento dei 19 anni di età e arrivare a una anzianità contributiva totale pari a 41 anni di contributi (requisito valido entro il 2026) con una successiva finestra trimestrale. Inoltre, anche in questo caso, bisognerà rientrare in uno dei 4 requisiti di bisogno, più allargati nel caso dei lavoratori addetti a mansioni usuranti rispetto a quelli dell’Ape (vedi Circolare Inps 99/2017 e 33/2018). La pensione non avrà alcuna limitazione di valore, ma rimarrà non cumulabile con altri redditi di lavoro fino alla maturazione del requisito contributivo della pensione anticipata ordinaria. L’Ape sociale è sperimentale fino alla fine del 2021, anche se ne sembra sicuro il rinnovo, mentre la pensione per precoci è strutturale nel nostro ordinamento; per entrambe occorre prima fare una domanda di riconoscimento di requisiti a Inps e successivamente la domanda di accesso vero e proprio alla prestazione. Sia l’Ape sia la pensione per precoci possono essere richiesti sommando gratuitamente i contributi accantonati nelle varie gestioni (nel caso dei precoci anche considerando le altre casse previdenziali).

Opzione donna

Nel 2021 sono stati ulteriormente allargati i requisiti per accedere alla cd. opzione donna. Questa consiste in un accesso anticipato a pensione per tutte le lavoratrici che abbiano maturato, entro il 31 dicembre 2020, il requisito anagrafico di 58 anni per le dipendenti (pubbliche o private) o di 59 anni per le lavoratrici autonome, iscritte cioè alla gestione Inps commercianti o artigiani. Il requisito contributivo da perfezionare, sempre entro il 2020, è di 35 anni di contributi effettivi (non contano dunque i contributi figurativi da disoccupazione). Una volta perfezionati i requisiti si aziona una finestra, vale a dire un periodo di attesa durante il quale non si percepisce la pensione, pari a 12 mesi per le lavoratrici subordinate e 18 mesi per le lavoratrici autonome o che, comunque, abbiano accantonato almeno un mese nella gestione artigiani e/o commercianti. Questa forma di pensionamento ha un fondamentale svantaggio: quello di ricalcolare completamente l’assegno di pensione con il metodo di calcolo contributivo puro, cosa che spesso finisce per ridurre il valore lordo di pensione anche fino al 40% e senza possibilità di recupero di ripristinare il valore originario. Per accedere a questa forma di pensionamento non è possibile utilizzare il cumulo fra più gestioni Inps, tranne nel solo caso del fondo dipendenti del privato che dialoga gratuitamente con la gestione artigiani e commercianti.

I prepensionamenti

Di particolare interesse nel 2021, anche grazie alla recente circolare di Inps (n. 48/2021) sono i prepensionamenti aziendali, che consentono alle imprese di offrire ai lavoratori uno scivolo verso la pensione con risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. In campo ne abbiamo essenzialmente tre. I primi due, fra loro molto simili, sono l’assegno straordinario erogato dai fondi bilaterali creati da alcuni comparti produttivi (credito, assicurazioni, poste italiane, ferrovie dello stato etc.) e l’isopensione Fornero. In entrambi i casi si tratta di indennità a carico dell’azienda, erogate per 13 mensilità, che accompagnano a pensione (di vecchiaia o anticipata) per un massimo di 5 anni nel caso dei fondi bilaterali e di 4 anni nel caso dell’isopensione, riconoscendo quasi sempre anche la contribuzione piena ai lavoratori che permangono in esodo. Solo l’Isopensione Fornero ha previsto fino al 2023 un ulteriore potenziamento, con la possibilità di accompagnare a pensione i lavoratori che distino fino a 7 anni dalla pensione di vecchiaia o anticipata. La novità, decollata nel 2021 e attiva sperimentalmente fino alla fine di quest’anno, è il contratto di espansione che è accessibile alle imprese, anche riunite in gruppo, che abbiano complessivamente non meno di 250 dipendenti e consente di accompagnare a pensione lavoratori con non più di 5 anni di distanza dalla pensione. Questo strumento si rivela particolarmente conveniente per le imprese perché, a fronte dell’impegno ad assumere nuove risorse, consente anche di garantire i lavoratori con uno ‘scudo’ contro le future riforme e di agevolare le imprese sui costi del prepensionamento con un contributo a carico dello Stato con un valore fino a 3 annualità della indennità di disoccupazione.

A differenza delle forme di pensionamento anticipato, tuttavia, i lavoratori non potranno aderire a questi scivoli finché le imprese non avranno siglato uno specifico accordo sindacale.

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