Economia

Apple e tensioni commerciali preoccupano le borse di mezzo mondo

La decisione di Tim Cook di rivedere al ribasso le sue previsioni sul fatturato per il primo trimeste fiscale per le vendite in Cina ha preoccupato i mercati di mezzo mondo. A Piazza Affari occhi puntati sugli istituti bancari (e su Carige)

Apple e tensioni commerciali preoccupano le borse di mezzo mondo

Apple preoccupa i mercati. E, in generale, probabilmente a causa dell'allarme legato alla diminuzione delle vendite del colosso americano in Cina, le Borse aprono in calo. È accaduto a quelle asiatiche, ma anche a quelle europee. Perché, anche se Tokyo resta chiusa per festività e riaprirà domani, Hong Kong perde le 0,85%, Shanghai lo 0,14% e Seul lo 0.86%. In queste ore, infatti, il ceo di Apple, Tim Cook, ha rivisto al ribasso le sue previsioni sul fatturato per il primo trimeste fiscale. È la prima volta che accade in oltre dieci anni e le aziende del gigante tecnologico sarebbero, infatti, crollate del 7,6% nell'after hours, trascinando il valore di mercato sotto i 700 miliardi di dollari. Il taglio dell'outlook ha rafforzato i timori legati alla crescita globale, dimostrando, insieme ai deboli dati sull'attività manifatturiera cinese diffusi ieri, che le tensioni commerciali stanno inizando ad avere un impatto sull'attività economica. E all'apertura di Wall Street, alle 17 ora italiana, Apple ha avuto un tracollo, con una perdita che si aggira intorno al 10%. Il titolo di Cupertino, colpito dalle vendite per il taglio dell'outlook del primo trimeste 2019, cede il 9,49% a 142,94% dollari per azione, dopo aver toccato un minimo di 142, 08.

La situazione europea e a Piazza Affari

In Europa, Londra arretra dello 0,67% a 6.689 punti. A Milano, l'indice Ftse Mib segna -0,66% a quota 18.211. Francoforte scende dell'1,07% a 10.467 punti e Parigi dell'1,01% a 4.641 punti. A Piazza Affari, in cima al paniere principale, c'è Tim (+1%) e Intesa Sanpaolo (+0,9%). Scivolano, invece, in fondo al listino Stmicroelectronics (-4,2%) e Moncler (-2%). A Milano allarma anche la vicenda Carige, la banca ligure commissariata dalla Bce, per la quale la Consob ha confermato lo stop agli scambi dei titoli fino a quando non sarà ripristinato un quadro informativo completo. Lo spread tra Btp e Bund è in leggero rialzo a 255 punti contro i 253 della chiusura di ieri sera. Il rendimento del titolo decennale italiano è al 2,71%. Nel resto d'Europa, Londra cede lo 0,3%, Parigi lo 0,85% e Francoforte lo 0,9%.

La situazione monetaria

Secondo quanto riportato da Repubblica, sul fronte valutario, in quest ore, si sono registrati movimenti significativi, con lo yen in apprezzamento come bene-rifugio (e anche per la scarsa liquidità di queste giornate). L'euro si presenta oggi a 1,163 dollari e 121,45 yen. Il dollaro cede contro la divisa asiatica a 106,88. Lo yuan si è indebolito di 149 punti base sul dollaro dopo che la Banca centrale cinese ha fissato la parità bilaterale a quota 6, 8631. A ridosso della chiusura dei listini azionari, il renminbi fa segnare uno spot rate di 6,8774 (+0,26%).

Oro e petrolio

Anche l'oro si è rafforzato, portandosi ai massimi da sei mesi. Sui mercati asiatici il lingotto con consegna immediata ha guadagnato lo 0,4% a 1.289, 23 dollari l'oncia. Il petrolio è tornato questa mattina di nuovo in calo sui timori per la crescita globlae: i contratti sul greggio Wti, con scadenza a febbraio, cedono il 2,5% a 45,57 dollari al barile. Il Brent cede 66 centesimi a 54,25 dollari, dopo essere salito del 2,1% ieri.

Il contesto americano e lo shutdown

Chiusura positiva, invece, ieri, per Wall Street, con i principali indici americani che, dopo una partenza in rosso, hanno progressivamente recuperato terreno, anche grazie all'improvvisa fiammata delle quotazioni del greggio. Lo shutdown federale americano, cioè la paralisi di alcune attività per mancanza di budget, entra oggi nel suo tredicesimo giorno. Ieri l'incontro tra il presidente americano, Donald Trump, e i leader di tutti e due i partiti al Congresso è terminato senza un accordo. Tra gli investitori, intanto, si è manifestata la convinzione che la Fed non alzerà i tassi nel 2019. Il mese scorso, la Banca centrale americana aveva detto di prevedere due strette.

Stando ai future sui Fed Funds, però, le probabilità che il 2019 finisca con tassi ai livelli attuali o più bassi erano ieri all'87%; solo all'inizio di novembre c'era il 90% di chance che il costo del denaro sarebbe invece salito entro la fine dell'anno.

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