Le banche al test dei ricavi. Incognita Malacalza a Carige

Gli istituti mirano a fondi e bancassurance. C'è l'ok al salvataggio del gruppo ligure, ma è nodo assemblea

Le banche al test dei ricavi. Incognita Malacalza a Carige

Il primo semestre 2019 è stato sostanzialmente positivo per i gruppi bancari italiani dal punto di vista dei profitti e anche della riduzione dei crediti in sofferenza. E Carige vede la fine del tunnel, sebbene l'ultima parola spetterà al socio di maggioranza Malacalza.

Intesa Sanpaolo e Unicredit hanno conseguito utili netti superiori a 2,2 miliardi di euro, ma anche il quartetto composto da Banco Bpm, Bper, Ubi e Mps, si è comportato egregiamente registrando rispettivamente 593, 100, 183 e 93 milioni di profitto. L'istituto guidato da Giuseppe Castagna ha anche registrato una crescita notevole (+68% annuo), segnando una sorta di spartiacque tra pulizie di bilancio e ridisegno di una strategia mirata all'incremento dei ricavi. Tanto Piazza Meda quanto Unicredit saranno chiamati entro fine anno a presentare i nuovi piani industriali e il punto che li accomunerà è proprio la ricerca di modelli che possano spingere i margini.

Le grandi banche, infatti, si trovano a dover fare i conti con un quadro macroeconomico che non induce a un particolare ottimismo. Da una parte, la stagnazione della crescita frena la domanda interna, inclusa quella di moneta. Dall'altro lato, il basso livello dei tassi è destinato a perdurare (come preannunciato dal presidente della Bce, Mario Draghi) e ciò significa che il margine di interesse, cioè gli incassi derivanti dagli interessi applicati ai finanziamenti della clientela, è destinato a restare sottotono. «Il contesto è sfidante, più complicato del previsto», ha detto l'ad di Intesa, Carlo Messina. Bisognerà, quindi, inventare nuove strade per aumentare i ricavi da commissioni su asset management e bancassicurance.

Sull'altro versante proseguono le azioni per il taglio delle spese. Intesa Sanpaolo ha portato il cost/income (il rapporto tra oneri operativi e ricavi) sotto la soglia del 50% al 49,3% e anche la banca guidata da Jean-Pierre Mustier ha conseguito un 53,5%, circa 10 punti percentuali al di sotto della media Ue. Ubi, guidata dall'ad Massiah, ha messo a bilancio oltre 40 milioni per un piano di esodi volontari, Banco Bpm ha sforbiciato gli oneri operativi del 3,3 per cento. I sindacati (Fabi, First Cisl, Fisac Cgil e Uilca), impegnati con l'Abi nella trattativa per il rinnovo del contratto, sono preoccupati, soprattutto dalla richiesta delle controparti di un tavolo sulla digitalizzazione, che potrebbe cambiare tutto.

La stagnazione, infine, potrebbe far salire le sofferenze dopo gli enormi sforzi compiute per ridurne l'incidenza, con importanti sacrifici sia sul fronte dell'utile che su quello del patrimonio. Dopo le grandi operazioni degli anni scorsi, il focus è sulle inadempienze probabili (i cosiddetti unlikely-to-pay), tema da risolvere prima che le nuove regole costringano gli istituti a ulteriori accantonamenti. Intesa si è portata avanti alleandosi con Prelios.

Intanto, venerdì notte il Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd), Ccb, Schema volontario del Fitd e Sga hanno firmato l'accordo per il salvataggio da 900 milioni di Carige di cui 700 di aumento (10 milioni di euro di azioni gratis per i piccoli soci) e 200 di bond Tier 1. Sga rileverà 3,1 miliardi di Npl della banca.

Una volta ottenuto l'ok Bce, sarà convocata l'assemblea per fine settembre. Se i Malacalza (ora al 27,5%) non diranno sì, il rischio è la liquidazione. Se approveranno, Carige potrebbe tornare in Borsa se il flottante sarà adeguato.

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