Un peso piuma a livello mondiale, un peso morto sotto il profilo dei rendimenti. Sono costati cari gli ultimi dieci anni a Piazza Affari, costretta a un forzato dimagrimento prima dalla crisi dei mutui subprime e poi da quella del debito sovrano. Col risultato di aver reso ampiamente scalabili banche e assicurazione e quasi sempre più appetibile il vecchio e meno rischioso investimento in Bot.
È il volume «Indici e Dati» dell'Ufficio studi di Mediobanca a fotografare impietosamente l'involuzione del nostro mercato, la cui capitalizzazione incide ormai per un misero 0,9% sulla ricchezza borsistica globale. Scivolata dall'11 posto del 2003 al 23esimo attuale, la Borsa di Milano è oggi più piccola perfino di quelle di Kuala Lumpur e di Jakarta. E mai come in questo caso piccolo non è sinonimo di bello: in termini di performance, il decennio consegna al listino italiano la maglia nera, con un ribasso del 5,6%. Peggio ha fatto solo Atene, crollata di oltre il 35% per effetto del rischio-bancarotta e del conseguente bail out che ha condannato il Paese a una severissima recessione. Perfino Madrid, pur fiaccata da una profonda crisi provocata dallo scoppio della bolla immobiliare, si è meglio comportata mettendo a segno un rialzo del 59%.
I motivi del calo degli indici tricolori? Basta dare un'occhiata al forte indebolimento subìto dai titoli bancari: secondo il rapporto, gli istituti valevano 214,11 miliardi di euro in capitalizzazione di mercato nel 2007, mentre il 30 giugno scorso avevano visto il loro valore crollare di oltre il 71% a quota 61,77 miliardi. Ovvero, 152 miliardi andati in fumo. In termini percentuali, la loro incidenza sulla Borsa è scesa dal 29,6% al 17,5%, a differenza di quella delle industrie che è salita al 74% dal 60,8% di sei anni fa pur a fronte di un calo in valori assoluti in termini di capitalizzazione da 440 a 261 miliardi. Gli azionisti, inoltre, non hanno dovuto solo far fronte alla picchiata dei prezzi delle azioni del credito, ma anche al calo dei dividendi. Se nel 2007 le banche avevano distribuito ai soci 11,8 miliardi, rappresentando il 39% del monte dividendi complessivo di Piazza Affari, nel 2013 l'ammontare delle cedole pagate è sceso a 1,6 miliardi (il 12,1% del totale).
Ma il motivo d'allarme principale è un altro. Il dimagrimento delle quotazioni ha reso banche e assicurazioni facili prede per eventuali scalatori. Il rapporto tra prezzo di Borsa e capitale netto è infatti esattamente in pari, un livello molto «attaccabile» considerando che quello di tutti gli altri titoli è a quota due.
Mediobanca non si sottrae infine al consueto raffronto Bot-Borsa.
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