Calabrò: «Bene le tariffe ma banda larga in ritardo»

Calabrò: «Bene le tariffe ma banda larga in ritardo»

Ultima relazione annuale per Corrado Calabrò. Il presidente dell’Authority è giunto infatti al termine del suo mandato settennale e ieri ha presentato il bilancio finale, fatto di cifre, numeri, speranze e intenzioni al Senato e al ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera. Calabrò ha iniziato con le buone notizie, soprattutto per i consumatori. «Le tlc rimangono l’unico servizio con una dinamica anti-inflattiva: negli ultimi 15 anni i prezzi si sono ridotti del 33% a fronte di un aumento del 31% dell’indice generale dei prezzi. Inoltre nel periodo 2005-2010 le tariffe sono diminuite del 15%. Molti risparmi dunque dovuti alla diminuzione dei prezzi per effetto delle dinamiche regolatorie e della dura concorrenza nel settore. Ma ci sono anche i problemi.
Uno dei più evidenti, nella relazione di Calabrò, è il sovraccarico delle reti. «Internet - ha spiegato il presidente - è un fenomenale motore di crescita sociale ed economica, ma la rete fissa è satura e quella mobile rischia ricorrenti crisi asmatiche. Il traffico dati da connettività broadband mobile è triplicato negli ultimi due anni e il problema delle reti di nuova generazione, anche per la rete fissa, non è più rinviabile». Il mancato sviluppo ha un prezzo. «Il ritardo nella banda larga - ricorda Calabrò - costa all’Italia tra l’1 e l’1,5% del Pil. Inoltre siamo sotto la media Ue per diffusione della banda larga fissa, con 21 linee ogni 100 abitanti contro le 27 dell’Europa, per numero di famiglie connesse a internet (62% contro il 73%) e a internet veloce (52% contro 67%), per gli acquisti e per il commercio on line. Solo il 4% delle pmi vendono on-line, mentre in Europa è il 12%». Insomma nonostante le molte promesse e discussioni, sulla rete in fibra ottica di nuova generazione (Ngn) al di fuori delle grandi città dove realizzare una infrastruttura di questo tipo è certamente remunerativo, in Italia, l’ex monopolista, ossia Telecom e gli operatori concorrenti, i cosiddetti Olo, faticano ad investire. Oltretutto i concorrenti imputano all’Authority di aver favorito Telecom sulle tariffe di unbundling, ossia sui costi di noleggio della rete in rame, a loro avviso troppo alte. Ma su questo punto Calabrò ha ricordato che «non è vero che l’abbassamento dell’unbundling porta a maggiori investimenti sulla fibra. In Austria, dove l' unbundling è più basso della media Ue, lo sviluppo della fibra è indietro mentre è elevato in Svizzera e Norvegia che hanno prezzi della rete in rame sopra la medie Ue». Inoltre, secondo Calabrò, Telecom soffre la liberalizzazione più di altri monopolisti perchè ha accumulato un debito elevato a causa delle scalate. Insomma Telecom fatica ad investire perchè oberata dai suoi debiti finanziari mentre i concorrenti, peraltro tutti facenti capo a società straniere, sono molto più concentrati a far tornare i conti in bilancio che a portare sviluppo in Italia. Certo la partenza, il prossimo anno, delle reti Lte a banda larga mobile dovrebbe portare nuovo impulso agli investimenti e ridurre il cosidetto «digital divide» che ancora esiste in diverse zone della penisola.


E se nella liberalizzazione delle tlc il bilancio è in attivo, nella tv l’aumentare del pluralismo dell’offerta non ha scalfito la tripartizione nei ricavi di Rai, Mediaset e Sky «che a partire - ha spiegato Calabrò - dal 2009 ha soppiantato il duopolio Rai-Mediaset».

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