di Vittorio Feltri
L'ultimo giorno arriva per tutti, e arriva sempre troppo presto. Ieri è arrivato anche per Paolo Lanzarini, che aveva 90 anni, pertanto non si può dire di lui che sia morto soffocato dalla balia. Eppure la sua dipartita mi sembra innaturale, ingiusta, perché Paolo, nonostante l'età indubbiamente avanzata, aveva ancora tanti progetti. Infatti non aveva smesso di occuparsi delle proprie aziende, che negli ultimi mesi dirigeva da lontano ma con piglio giovanile, tenacia e competenza.
Lucido come un trentenne, profondo conoscitore dell'animo umano, aveva parecchi amici, ma amava frequentare, in particolare, gente del suo paese, Bassano del Grappa, ospitandola in una bella - non lussuosa - casa ai piedi della collina, nel cui giardino era ben visibile un rettangolo sabbioso: il gioco delle bocce. Ed era qui, attorno a questo rettangolo, che egli organizzava serate, per lui memorabili, allo scopo di radunare le persone con le quali parlava volentieri, tra una bocciata e un'altra, tra un sorso di (ex) tokaj e un altro: operai, pensionati, impiegati.
Paolo non era né snob né mondano: gli piaceva ascoltare i conversari dei compaesani, dalla cui bocca - diceva - traeva spunti di riflessione. Considerava Bassano un luogo di riposo e di meditazione, l'unico dove ritrovava se stesso. Il legame con la terra natia è forte per tutti. Per Lanzarini era fortissimo; udire i bassanesi esprimersi in dialetto veneto dava a Paolo piacere e conforto.
E pensare che quest'uomo era internazionale come pochi altri italiani. Aveva aperto e lanciato aziende in mezzo mondo: dagli Stati Uniti alla Svizzera. Le sue specialità erano la chimica, le nanotecnologie, cose strane e all'avanguardia. Anche recentemente aveva avuto intuizioni geniali in campo professionale. Non era quindi un imprenditore vecchio stile. Al contrario, aveva una mentalità moderna e, se gli fosse stato concesso ancora un po' di tempo, ci avrebbe regalato altre sorprese.
La sua vita lunga e intensa non si può raccontare per motivi di spazio. La sintetizzo. Da ragazzo intraprese la carriera diplomatica, poi lavorò alla Montedison dove incontrò Francesco Micheli, del quale divenne amico. Quindi il salto nel firmamento industriale, un successo strepitoso. Lanzarini, come accade a molti, ebbe più soddisfazioni all'estero che in patria. Gli americani e gli svizzeri lo ammiravano.
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