di Giorgio Spaziani Testa*
Che la cedolare sugli affitti non abbia avuto l'impatto dirompente che ci si attendeva, è noto. Ma ciò è avvenuto, come ha detto anche il direttore del Dipartimento delle finanze, soprattutto per le difficoltà applicative che l'hanno caratterizzata. Ciò premesso, dire che la partenza rallentata della cedolare abbia causato minori entrate per l'Erario, è un fuor d'opera. Se è vero che il gettito da cedolare è stato inferiore alle attese, è altresì vero che non risulta una diminuzione delle entrate provenienti dall'Irpef sulle locazioni, regime fiscale applicato dai proprietari che non hanno optato per la cedolare. È possibile che molta parte delle entrate del nuovo tributo sia costituita da locazioni «emerse» e abbia prodotto maggior gettito. Quanto agli affitti in nero, calcolarne il numero è arduo. Quel che è certo è che ipotizzare cifre sulla base dei dati Istat 2011 e mettere le stesse in relazione con la cedolare, introdotta a metà di quell'anno con le complicazioni di cui s'è detto, appare discutibile. La vera questione oggi è un'altra. L'affitto ha perso per i proprietari ogni residua attrattiva dopo che due interventi fiscali ne hanno minato nell'ultimo anno la stessa esistenza: 1)l'introduzione dell'Imu sperimentale, con una base imponibile aumentata del 60% rispetto all'Ici e con aliquote lasciate alla discrezionalità dei Comuni, che le hanno pressoché ovunque applicate al massimo, mettendo le case in affitto nel calderone delle seconde case; 2) la riduzione dal già insufficiente 15% ad un ridicolo 5% della deduzione Irpef a titolo di spese per i redditi da locazione.
*Segretario generale Confedilizia
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