Il controllo di Telecom pagato a caro prezzo: 10 miliardi in cinque anni

Telco svaluta ancora il 22,5%. Per Telefónica, Generali, Mediobanca e Intesa nuovo impegno da 2,3 miliardi

Il controllo di Telecom pagato a caro prezzo: 10 miliardi in cinque anni

Come si possono sintetizzare i cinque anni «italo-spagnoli» di Telecom? Ricorrendo ai numeri. Il passaggio del controllo da Olimpia a Telco nel 2007 è stato pagato da Telefonica 4,1 miliardi, altri 230 milioni sono serviti per stabilizzare la compagine nell’immediato dopo-acquisizione e altri 2,6 miliardi sono stati impegnati nel 2010 per sistemare l’indebitamento della scatola di controllo. Ieri, infine, il debito è stato nuovamente risistemato con un impegno maggiore dei quattro soci (Telefonica, Generali, Intesa e Mediobanca) di un miliardo. E i dividendi? Praticamente l’esposizione debitoria di Telco li ha mangiati tutti al ritmo di 130-140 milioni all’anno
Un primo conto, perciò, è possibile realizzarlo. In questo quinquennio la «presa» su Telecom ha costretto i soci a movimentare circa 8,5 miliardi di euro ai quali però non è corrisposto un adeguato ritorno in termini di investimento. Il calcolo non comprende la partecipazione iniziale all’impresa di Mediobanca e Generali che conferirono alla holding le quote già detenute in Telecom e che comunque comportarono in diverse epoche un esborso complessivo superiore al miliardo.
Per comprendere meglio le dinamiche finanziarie, è necessario partire dall’ultimo atto, cioè dal cda di Telco svoltosi ieri. La società ha registrato nei primi nove mesi dell’esercizio 2011-2012 terminati il 31 gennaio una perdita di un miliardo perché ha deciso di svalutare nuovamente la sua quota a un prezzo unitario di Telecom di 1,5 euro da 1,8 con una perdita di 900 milioni (ieri a Piazza Affari il titolo ha chiuso in rialzo del 2,16% a 0,6495 euro). Nel bilancio di Telco quel 22,5% dell’operatore tlc vale 4,5 miliardi e ne rappresenta il patrimonio. Ma come spiega Mediobanca (11,2% di Telco) nella sua semestrale «ai corsi di Borsa (2,55 miliardi; ndr)il valore contabile del patrimonio Telco sarebbe nullo».
Ebbene sì perché a fronte di quella quota fino a ieri vi era un esposizione nominale di 3,4 miliardi dei quali 2,1 miliardi verso le banche (1,2 miliardi con Unicredit, 600 milioni con Mps e 260 milioni con Ge Capital tutti in scadenza quest’anno) e 1,3 miliardi di un bond sottoscritto dai 4 soci nel 2010. Quest’ultimo sarà rimborsato integralmente e sostituito da uno nuovo da 1,75 miliardi. Ai quali si aggiungerà un aumento di capitale da 600 milioni. Entrambi pro quota. Il che significa che Telefónica (46,2%) dovrà tirar fuori 1,1 miliardi, Generali (30,5%) 719 milioni e Intesa e Mediobanca 263 milioni a testa. Che al netto del rimborso del bond si traduce in un maggiore impegno complessivo per un miliardo. Al quale si accompagnerà un finanziamento bancario in pool (Unicredit, Mediobanca, Intesa, Hsbc e SocGen) da 1,05 miliardi, la metà di quello precedente ma sicuramente a un tasso sostenibile. Il presidente di Telecom, Franco Bernabé, ha tagliato la cedola per riportare il debito sotto quota 30 miliardi.
L’azionariato dell’operatore tlc continuerà a essere stabile, pur con qualche contraddizione.

Il socio industriale Telefónica vedrà contenuto il suo spazio di manovra e i soci finanziari come Generali continueranno a essere esposti al rischio-svalutazioni come quella da 628,6 milioni effettuata nel 2011 che ha inciso sul taglio del dividendo del Leone.

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