Dopo mesi di annunci - più o meno allarmistici - ormai sembra proprio che il governo sia intenzionato a mettere mano al sistema pensionistico. Dalla flessibilità in uscita ai tagli "di solidarietà" sugli assegni più alti, le ipotesi sul tavolo di Palazzo Chigi sono diverse. E l'esigenza di sceglierne una - speriamo la migliore - si fa sempre più impellente se, come sottilineano il sottosegretario Pier Paolo Baretta e il presidente della Commissione lavoro della Camera, Cesare Damiano, la legge Fornero è costata già 12 miliardi in fondi per gli esodati.
Tre le possibilità per evitare che il sistema collassi e favorire la tanto decantata flessibilità in ufficio, come riporta il Corriere.
Si parte dall'ipotesi di un anticipo da restituire a rate. In questo caso lo Stato chiederebbe aiuto a banche e assicurazioni che potrebbero fornire una sorta di "prestito pensionistico", un mini anticipo al lavoratore che decide di lasciare il posto di lavoro due o tre anni prima e che potrà restituire i soldi una volta ottenuti i requisiti, con una piccola trattenuta direttamente sull'assegno Inps. A pagare gli interessi penserebbe lo Stato.
Il secondo caso prevede invece che il lavoratore lasci il lavoro fino a quattro anni prima a patto di rinunciare a un 2% dell'assegno per ogni anno di anticipo. Si tratta della proposta formulata da Baretta e Tito Boeri, già formalizzata in disegno di legge, ma che se attuata da tutti costerebbero allo Stato fra i 5 e i 7 miliardi l’anno, nonostante le penalizzazioni.
Difficile invece ricorrere a dare a tutti la possibilità di andare in pensione con almeno 57 anni d’età e 35 di contributi ma con l’assegno interamente calcolato col contributivo (opzione data alle donne per quest'anno). Secondo i calcoli però la spesa per lo Stato sarebbe troppo alta. incentivare i fondi pensione con una tassazione minore, a cui sarebbero comunque aggiunti prestiti pensionistici solo per le aziende in crisi e i meccanismi di staffetta generazionale. L'idea prevalente è quella invece di
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