Economia

La doppia porta delle pensioni: come si potrà lasciare tutto

Da qualche settimana sono in corso valutazioni su alcune ipotesi per rendere meno rigido il sistema pensionistico una volta "scaduta" l'ormai nota Quota 100

La doppia porta delle pensioni: come si potrà lasciare tutto

Il governo si appresta ad aprire un tavolo con i sindacati che avrà l’obiettivo di decidere il futuro di Quota 100. Quando si parla di pensioni, si aprono spesso gli scenari più disparati. Proviamo quindi a fare un po’ di ordine. Il 25 settembre (venerdì prossimo) si comincerà a gettare le basi del nuovo assetto previdenziale che dovrà entrare in vigore il primo gennaio 2022 (quando Quota 100 sarà ormai solo un ricordo). A quel punto, infatti, sarà terminata la sperimentazione triennale dei pensionamenti anticipati voluti dai gialloverdi durante il governo Conte1. Il cammino sarà lungo. E al centro del dibattito ci sarà la legge di Bilancio che conterrà un mini-pacchetto pensioni (ma senza grandi novità) e la definizione del Recovery plan italiano per dare una destinazione certa ai 209 miliardi di aiuti europei promessi da Bruxelles in piena pandemia.

Da qualche settimana sono in corso valutazioni su alcune ipotesi per rendere meno rigido il sistema pensionistico. E sul tavolo c’è la cosiddetta "doppia flessibilità in uscita". Cosa prevede è presto detto. Prevede innanzitutto, come spiega il Sole 24 Ore, la possibilità di consentire a una prima fetta di categorie di lavoratori, a cominciare da quelli che svolgono attività gravose o comunque usuranti, di andare in pensione già a 62 (o 63) anni con un’anzianità contributiva di 36 (o 37) anni senza eccessive penalizzazioni e con la possibilità di sfruttare il canale alternativo dell’Ape sociale in versione potenziata e strutturale.

Per tutti gli altri lavoratori la soglia minima di uscita salirebbe a 64 anni d’età e almeno 37 (o 38) anni di contribuzione e con penalità legate al metodo di calcolo contributivo di una certa consistenza per ogni anno d’anticipo rispetto al limite di vecchiaia dei 67 anni. Ipotesi che non sarebbero del tutto sgradite ai sindacati per i quali, comunque, la priorità resta l’uscita garantita per tutti (a partire dai cosiddetti "precoci") alla maturazione dei 41 anni di contribuzione.

Ma le novità non sono finite. Al tavolo governo - sindacati farà discutere il pacchetto di misure da inserire nella manovra autunnale. Il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha dato la disponibilità a lavorare soprattutto su tre interventi: proroga e rafforzamento di Ape sociale, prolungamento di Opzione donna e Quota 41 per i lavoratori precoci. Ma su questo pacchetto che potrebbe valere anche più di 500 milioni, il ministero dell’Economia e, nello specifico il ministro Roberto Gualtieri, si mostra per il momento molto cauto.

Sarà infatti quasi impossibile ricorrere a nuovo debito (magari per fare bella figura in Europa). Mentre compare la necessità di dare la precedenza all’avvio della riforma fiscale e alla nascita dell’assegno unico per la famiglia.

Qualcosa che non lascia molto spazio ad altre spese.

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