Mario Draghi rompe gli indugi e taglia i tassi di un quarto di punto, portandoli al minimo storico dello 0,25%. Sorprendente per il timing scelto, lo schiacciamento del costo del denaro è invece ineccepibile come mezzo di contrasto del nuovo nemico, la bassa inflazione. Troppo bassa. Un avversario che il presidente della Bce tiene nel mirino. «A ottobre il calo dell'inflazione è stato più forte del previsto: ecco perchè abbiamo agito». L'ex governatore ha però subito messo le mani avanti: l'eurozona non è intrappolata in una spirale deflazionistica, cioè in un calo generalizzato dei prezzi che apre la strada a stagnazione e recessione. «Non vedo deflazione nel futuro dell'Unione europea - ha spiegato - . Solo un protratto periodo di bassa inflazione».
Il cambio di status quo risponderebbe insomma all'esigenza di prevenire così da non dover poi curare. Anche se l'Fmi, nel lodare la banca di Francoforte, non nasconde che «in alcuni Paesi della periferia dell'euro ci sono pressioni deflattive». Il fenomeno è dunque già in atto. Semmai, il rischio è quello di un'estensione del contagio. Non è infatti casuale, da parte del board della Bce, la scelta di usare la più convenzionale delle armi. Quella il cui effetto più evidente, e immediato, è uno sgonfiamento del cambio, con l'euro sceso infatti ieri in una manciata di minuti sotto gli 1,32 dollari da quota 1,35, complice la crescita pari al 2,8% del Pil Usa nel terzo trimestre (+2% le stime). Draghi ha negato che l'andamento valutario abbia pesato sulla decisione: «Non ce ne siamo occupati. Ho detto più volte che il tasso di cambio non è un target politico». È però importante per la stabilità dei prezzi e per la crescita.
Non basta tuttavia avere «i fondamentali economici più forti al mondo», grazie al deficit pubblico più basso e a un surplus primario dello 0,7%, per avere «una ripresa rampante». L'ammissione di Draghi sottintende che servono ancora aiuti, seppur il taglio dei tassi «andrà a sostegno dell'attività di prestito a favore di famiglie e imprese». Molti economisti sono però scettici al riguardo. In condizioni normali, l'effetto di trasmissione di un ammorbidimento valutario si registra non prima di sei mesi. La Cgia di Mestre ha quantificato in 2,3 miliardi i risparmi per le imprese, ma non è certo che le banche applichino condizioni più favorevoli, in particolare alle piccole e medie aziende. «In teoria potremmo tagliare ancora i tassi - ha dichiarato Draghi - e abbiamo una vasta gamma di strumenti a cui fare ricorso».
Draghi in contropiede: giù i tassi
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