Draghi manda al tappeto le Borse

Draghi manda al tappeto le Borse

La ripresa? «Più avanti nell'anno». A forza di collocare temporalmente l'uscita dell'eurozona dalla recessione, con risultati più vicini al Godot di Beckett che ai testi economici, siamo arrivati alla locuzione nuova di zecca coniata ieri da un Mario Draghi nella versione con l'elmetto prussiano in testa. Insomma: molto tedesco, molto risoluto a infilare una serie di nein capaci di spaventare le Borse (Milano è crollata del 2,6% sotto il peso del -4,6% accusato dal settore bancario) e far risalire la temperatura dello spread Btp-Bund oltre i 280 gradi.
Una reazione nervosa e violenta, quella dei mercati. Subito messi sul chi vive dalla decisione del board Bce di mantenere il costo del denaro inchiodato allo 0,50%. Posto che resta il serissimo - e irrisolto - problema del mancato effetto di trasmissione della politica monetaria all'economia reale, l'Eurotower ha scelto di non muovere, «a larga maggioranza», le leve nonostante il peggioramento congiunturale espresso dalle sue ultime stime. Previsioni che collocano ora il Pil 2013 dell'area in una zona d'ombra vieppiù allargata: il -0,5% di tre mesi fa è ora diventato un -0,6%. «Con una prevalenza di rischi al ribasso», ha ammesso l'ex governatore di Bankitalia. Riassumendo: zero possibilità di una recovery prima di dicembre, mentre le speranze sono affidate a questo punto all'outlook 2014, anno in cui Eurolandia dovrebbe tornare a crescere dell'1,1% contro il +1% stimato in marzo.
A fronte di queste cifre, è verosimile un ulteriore peggioramento della disoccupazione indotto dal sempre più precario stato di salute delle imprese. A cominciare da quelle italiane, in particole le piccole e medie, soffocate dalla pressione fiscale e dalla stretta del credito. Il mese scorso, nella riunione in trasferta a Bratislava, Draghi aveva ventilato la possibilità di creare una task force con la Banca europea degli investimenti (Bei) per rilanciare il defunto mercato dei titoli garantiti da attività diverse dai mutui (i cosiddetti Abs) proprio allo scopo di aiutare le pmi. L'idea, ora, sembra già sul binario morto: «Abbiamo discusso di Abs, Ltro, di collaterale e di altre misure di politica - ha spiegato il presidente della Bce - . Continueremo queste discussioni, ma la maggior parte di queste misure affrontano il problema dal fronte del funding bancario, alcune sono più facili da attuare e hanno conseguenze più marcate, altre, come la possibilità di un tasso negativo sui depositi presso la Bce (che indurrebbe le banche a rimuovere i fondi parcheggiati nei caveau dell'Eurotower, ndr), per la quale siamo tecnicamente pronti, potrebbero avere conseguenze non auspicabili». Quindi? «Non ci sono motivi per muoversi a questo punto, le teniamo tutte sotto osservazione».
Ciò che ha sorpreso molti è però l'irrigidimento di Draghi sulle posizioni dell'austerity, e il tono un po' piccato con cui lo stesso numero uno della Bce ha replicato al mea culpa del Fondo monetario internazionale per gli errori commessi con il salvataggio della Grecia. «Non si possono giudicare cose successe nel passato con gli occhi di oggi - è stata la risposta - Guardiamo al presente: Atene ha attuato un processo di aggiustamento straordinario che è stato deciso e guidato dal governo ellenico».

Quanto alle proroghe di due anni agli Stati perchè recuperino terreno sui deficit eccessivi, Draghi è stato categorico: «Dovrebbero essere concesse solo in casi straordinari e soprattutto che siano accompagnate da impegni dei governi ad attuare le riforme strutturali». La via del risanamento dei conti è obbligata: «Non si può avere crescita con la creazione continua di debito. Prima o poi si viene puniti».

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