Economia

Eni vuole dividersi in tre per il green

Obiettivo separare attività retail-rinnovabli e bioraffinerie-marketing dal greggio

Eni vuole dividersi in tre per il green

L'Eni si fa in tre. O almeno il gruppo guidato da Claudio Descalzi prepara il terreno per una doppia operazione che, entro un anno, potrebbe portare nelle casse del gruppo almeno 6 miliardi di risorse e imprimere una forte accelerazione allo sviluppo del business verde in nome della transizione energetica. L'idea è quella di scorporare dalla tradizionale attività petrolifera e di esplorazione alcuni business specifici in due nuovi veicoli societari: retail (Eni gas e luce) e rinnovabili da una parte e bioraffinerie e marketing dall'altra.

La prima operazione è in cantiere da qualche mese, ha già avuto un passaggio in consiglio di amministrazione il 30 aprile, e prevede che il business green e quello di luce e gas che ha 10 milioni di clienti confluiscano in una unica società che sarà poi parzialmente quotata o ceduta.

La scelta dipenderà dal mercato e anche per questo gli occhi sono puntati sull'analoga operazione che sta portando a termine Acciona in Spagna dove si prepara a quotare la divisione green. «L'ipotesi è quella di una quotazione del 30% - spiega un report Bestinver per una valorizzazione di 3 miliardi considerando che tutta la società potrebbe valerne 10». La nuova società avrà l'obiettivo di sviluppare entro il 2025 una capacità di generazione elettrica da fonte rinnovabile superiore a 5 GW. Tale capacità sarà offerta alla crescente base clienti, di oltre 11 milioni entro quella data, con un ebitda complessivo previsto in crescita, dai 600 milioni di euro del 2021 a oltre un miliardo nel 2025.

L'integrazione industriale tra i due business (attesa nel mese di luglio) consentirà di generare maggior valore unendo la produzione di energia rinnovabile alla base clienti detenuta da Eni gas e Luce. «Inoltre permetterà a Eni spiega l'analista di raggiungere gli obiettivi di abbattimento delle emissioni Scope 3, relative ai prodotti finali. In soldoni poi l'operazione potrà attrarre investitori orientati ai business low carbon, quindi maggiori risorse da destinare alla crescita dei due business, e avrà la possibilità di beneficiare di un costo del capitale più basso. Dall'altra parte avrà maggiori minorities (azionisti di minoranza) da remunerare».

Per quanto riguarda la seconda operazione, è una novità dell'ultima ora annunciata dallo stesso Descalzi nei giorni scorsi: creare un veicolo che comprenda bioraffinazione e marketing. «È prematura, ma si tratta di un'operazione che potrebbe essere interessante in futuro, in linea a quanto il gruppo sta facendo nelle rinnovabili», ha detto l'ad di Eni. «Il segmento Biorefining & Marketing dovrebbe raggiungere circa 0,8 miliardi di euro di ebit adjusted nel 2024 da 0,55 miliardi nel 2020 e pensiamo che il valore di questi asset possa aggirarsi intorno a 10 miliardi di euro», ha sottolineato in un report Bestinver Securities calcolando che «la cessione di una quota di minoranza nell'ordine del 30% del business della bioraffinazione potrebbe apportare oltre 3 miliardi di euro di risorse aggiuntive da investire nella transizione energetica, che si andrebbero ad aggiungere ai circa 3 miliardi di euro derivanti dalla cessione di circa il 30% del business retail più rinnovabili, 6 miliardi in tutto».

Eni ha due bioraffinerie in Italia a Venezia e a Gela con una capacità di 1,1 mtpa (milioni di tonnellate anno).

Il suo piano è di raddoppiare la capacità a circa 2 mtpa entro il 2024, di cinque volte entro il 2050 e triplicare l'ebitda di questo business rispetto al 2020.

A livello temporale, la prima operazione è programmata per l'inizio del 2022 e la seconda potrebbe seguire a stretto giro, cambiando radicalmente la fisionomia del Cane a sei zampe.

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