Facebook, l’Ipo dei record, si sta trasformando in una fregatura per gli azionisti che hanno creduto nel collocamento del titolo. In due giorni di contrattazioni il titolo ha già perso il 14% passando da 38 ai 30 dollari di ieri.
Anche la capitalizzazione ovviamente è scesa ben al di sotto dei 104 miliardi di valore iniziale: ieri Facebook valeva intorno ai 90 miliardi facendo perdere in due giorni quasi 300 milioni di dollari al finanziere russo Alisher Usmanov. Critiche a pioggia stanno ricadendo su Morgan Stanley, la banca d’affari scelta dal fondatore del social network Mark Zuckerberg per la quotazione, e sul Nasdaq, che ha ammesso responsabilità sui blocchi delle contrattazioni iniziali. Per Morgan Stanley la principale accusa è quella di aver voluto esasperare i termini dell’operazione aumentando il range di prezzo, da 28-35 dollari a 34-38, e l’ammontare stesso delle azioni offerte, accresciuto di ben il 25% a 421,2 milioni di pezzi. Eppure anche all’interno della banca d’affari c’era chi si interrogava sulle potenzialità del titolo. L’analista Scott Devitt ha infatti abbassato sensibilmente le stime di ricavi per il secondo trimestre e per il 2012. Inoltre gli aggiornamenti depositati presso la Sec per la quotazione, avevano rivelato che un numero crescente di clienti era passato autilizzare il social network su telefonini e tablet, che offrono minori garanzie di monetizzazione del traffico e della pubblicità rispetto ai pc.
Facebook doveva fare da traino ad altre 168 società legate al web ancora in attesa di andare in Borsa e di raccogliere 40 miliardi.
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