Calici alzati in Piazza Affari, ieri mattina, per brindare alle possibili nozze fra Unicredit e Société Générale che darebbero vita a un colosso anglo-franco-tedesco. Quasi una risposta della finanza Ue all'ondata sovranista. Il titolo della banca di piazza Gae Aulenti ha aperto la seduta con un balzo del 3,7% spinto dalle voci di fusione rilanciate dal Financial Times. In particolare, secondo fonti del giornale inglese, sarebbe l'ad di Unicredit, Jean Pierre Mustier, a studiare il progetto. Ma in mattinata Socgen ha negato «qualsiasi discussione del cda» su un potenziale matrimonio con Unicredit che da prassi, «non commenta rumors e speculazioni, ha spiegato un portavoce ricordando che il piano Transform 2019 si basa su presupposti di crescita «organici». Il titolo ha così ingranato la retromarcia in Borsa e ha chiuso con in calo dello 0,83 per cento.
La fiamma si riaccende periodicamente. Se poi si consumerà davanti a un altare lo si vedrà, forse, il prossimo anno ma di certo non è la prima volta che il mercato scommette su un possibile matrimonio fra le due banche. Nel luglio 2006, lo stesso rumor. Tempi diversi - allora non c'era la Vigilanza unica europea - e soprattutto banche diverse, con l'istituto milanese allora presieduto da Alessandro Profumo che aveva manifestato la disponibilità del gruppo a valutare eventuali opportunità di crescita per linee esterne in Europa Occidentale dopo l'acquisizione della tedesca Hvb. Le voci riecheggiarono nuovamente un anno dopo, scatenando una raffica di acquisti sul titolo. Copione andato in scena anche nell'autunno del 2016. A renderlo ancor più suggestivo il fatto che Mustier è stato a lungo a capo della divisione di banca d'investimenti proprio di Société Générale. E che alla presidenza di SocGen c'è un italiano, il fiorentino ex membro del board Bce, Lorenzo Bini Smaghi. Rispetto ad allora qualcosa è cambiato ulteriormente: Mustier ha condotto in porto con successo l'aumento di capitale da 13 miliardi e Unicredit ha superato SocGen per capitalizzazione: 32,5 miliardi rispetto ai 30,5 miliardi dell'istituto francese. Gli analisti dubitano di vedere un'operazione a breve, sia perché Unicredit è impegnata fino al 2019 in un piano industriale che non considera fusioni o acquisizioni, sia per i «significativi» ostacoli politici e regolamentari che un matrimonio tra due banche sistemiche dovrebbe affrontare. Le stesse voci riportate dall'FT non parlano di un'offerta formale ma di un «cantiere aperto» almeno per altri 12-18 mesi. Di certo il consolidamento bancario è stato invocato a più riprese dalla Bce di Mario Draghi il cui mandato scade proprio il prossimo anno.
Nel frattempo, SocGen ha accettato di pagare una multa di oltre 860 milioni di dollari per archiviare un caso aperto dalle autorità Usa e francesi e riguardante il versamento di tangenti a funzionari libici e la manipolazione del Libor.
È quanto recita un comunicato del dipartimento americano di Giustizia, secondo cui la banca francese verserà 585 milioni per via delle mazzette pagate nell'era Gheddafi e 275 milioni per le violazioni riguardanti uno dei tassi benchmark al mondo. Le pene totali che saranno versate dalla banca superano il miliardo di dollari.
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