La crisi ha dimostrato che la finanza americana e anglosassone in particolare non hanno molto da insegnare, visto lo stato in cui versavano alcune banche della City. Ma il Financial Times torna a occuparsi del capitalismo italiano, vaticinando il tramonto del cosiddetto salotto buono del Belpaese, con la fine delle partecipazioni incrociate. Il quotidiano titola in prima pagina «Arrivederci al Club», mentre all'interno campEggia quasi a monito «Italian Business, non c'è ritorno», con accanto la foto di Enrico Cuccia, fondatore di Mediobanca.
L'Ft descrive il sistema del salotto buono che ha caratterizzato il capitalismo italiano. Un sistema «fondato sul potere e sulle conoscenze», e dove le «aziende sono raggruppate in una ragnatela di partecipazioni incrociate» che permetteva ai dirigenti, «come Cesare Geronzi, di muoversi tranquillamente da una società all'altra». Per anni le principali figure del salotto buono sono state Gianni Agnelli ed Enrico Cuccia.
Ma con la crisi dell'eurozona «questi legami si sono trasformati in un tallone d'Achille», e quindi «questo mondo che ha gestito il potere finanziario italiano dalla Seconda guerra mondiale sta vedendo ora la fine del suo tempo», prosegue l'Ft, sottolineando che «sotto la pressione degli investitori, Generali e Mediobanca hanno promesso di sciogliere la matassa delle partecipazioni incrociate». Inoltre, l'arresto di Salvatore Ligresti, «ha scosso i vertici dell'azienda Italia». Proprio Ligresti era tra quelli che più incarnavano il sistema del «salotto buono». Controllando piccole quote, e da qui il suo soprannome si «signor 5%», Ligresti sedeva nei consigli di amministrazione dei più grandi gruppi italiani. Secondo quanto spiega al quotidiano della City un banchiere italiano, «non si tratta di rendere il mondo migliore, ma sono finiti i soldi.
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