Germania, anno sottozero. Salta il modello economico

Per la seconda volta di seguito Paese in recessione. Le stime di crescita riviste da più 0,3% a meno 0,2%

Germania, anno sottozero. Salta il modello economico
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Due recessioni in due anni: è una Germania sempre più avvizzita nel suo modello economico quella che si avvia a chiudere il 2024 con una contrazione del Pil dello 0,2%, da sommare al -0,3% accusato nel '23. In attesa che mercoledì 9 ottobre il ministro dell'Economia Robert Habeck metta nero su bianco il nuovo passo falso del Paese, è il quotidiano Suddeutsche Zeitung ad anticipare che sono svaporate le speranze del governo Sholz di mettere a segno una crescita dello 0,3% a fine dicembre.

Una rezession persistente è la cartina al tornasole di una nazione impaurita al proprio interno, dove le spinte xenofobe e lo spostamento verso i partiti della destra estrema sono anche effetto della deriva economica, e incapace di rimodulare il proprio modus operandi in un contesto internazionale profondamente mutato, in cui l'assertività cinese pone una sfida strutturale sotto il profilo della concorrenza.

Berlino, finora, non ha messo in atto alcun provvedimento per ridare, se non proprio slancio, almeno respiro al Paese nonostante gli allarmi più volte lanciati dalla Confindustria tedesca. Mentre le aziende boccheggiano, con i nuovi ordini che si sono schiantati in settembre sia a livello nazionale che internazionale e con le vendite all'esportazione che hanno segnato il calo più marcato da 11 mesi, il ministro delle Finanze, Christian Lindner, rimane arroccato su una sola posizione, quella che prevede il rispetto della regola del bilancio immacolato, senza perdite. Anche se ora SZ parla di misure allo studio che includono agevolazioni fiscali, una riduzione permanente dei prezzi dell'energia per l'industria, snellimento della burocrazia e incentivi per mantenere gli anziani nel mercato del lavoro e attrarre lavoratori stranieri qualificati. Meglio tardi che mai. Ma se le cifre saranno quelle circolate già qualche tempo fa, con un effetto di stimolo sulla crescita attorno allo 0,5%, lo sforzo sarà insufficiente per portare la Germania al di fuori dalla palude e cambiare faccia a un Paese che avrebbe bisogno di 400 miliardi (stima del Deutsches Institut für Urbanistik) solo per rimettere in sesto la rete stradale e ferroviaria.

Per quanto la Germania abbia accusato più di tutti, in termini di inflazione galoppante, lo choc energetico causato dalla guerra fra Ucraina e Russia, un dazio forse ancora maggiore sta pagando a causa degli alti tassi d'interesse imposti dalla Bce sotto la spinta della Bundesbank e degli altri falchi dell'Eurotower. Il risultato, anche ora che i prezzi al consumo sono tornati a un più rassicurante +1,8%, è che i consumatori tedeschi sono accomunati da una generale riluttanza a spendere, scrive SZ.

Malgrado le generose tornate di rinnovi contrattuali, è questo il segno che la cicatrice lasciata dall'impazzimento del carovita prima e dalle strette monetarie di Francoforte poi non si è ancora cicatrizzata. E senza domanda interna, e senza più sbocchi oltre frontiera, la recessione è un epilogo inevitabile che dovrebbe indurre Berlino al mea culpa.

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