Quel gigante che ama l'auto "made in Torino" e sogna l'America

Il suo fondatore va matto per la storia di Fiat e Abarth. Il flop del sito in Bulgaria

Quel  gigante che ama l'auto "made in Torino" e sogna l'America

Il numero uno di Great Wall, Wey Jianjun, classe 1964 e con un patrimonio personale che sfiora i 7,5 miliardi di dollari, ha sempre avuto un debole per le auto made in Turin. Fino a qualche anno fa, infatti, tra le sue preoccupazioni c'era quella di farsi mandare, attraverso amici, libri e documenti sulla storia della Fiat e dell'Abarth. E lo stesso vale per le strategie di produzione, il cui modello avrebbe dovuto ricalcare quello degli stabilimenti italiani. Non c'è dunque da meravigliarsi se ora il magnate cinese pensasse di utilizzare proprio l'«amata» Fiat (in senso lato) come ponte per coronare il sogno di sbarcare sul mercato Usa che insegue da anni. Azionista John Elkann, e soprattutto Donald Trump, permettendo.

Great Wall, fondata nel 1984, ma agli onori delle cronache a partire dal 2003 quando, ultimata una profonda ristrutturazione, è sbarcata sui listini di Hong Kong (prima) e Shanghai (in seguito), ha la sede non lontano da Pechino. La strategia del gruppo è fondata sulla filosofia dei «Tre picchi»: alta tecnologia, alte prestazioni, alta qualità.

Great Wall, il complesso industriale a capitale privato più grande della Cina, ha prodotto nel 2016 oltre 1,1 milioni di veicoli, 933mila dei quali appartenenti alla fascia Suv/crossover. Un balzo di tutto rispetto visto che solo nel 2013 la Casa automobilistica aveva sfornato 754mila vetture. La capitalizzazione di Great Wall ammonta a 18 miliardi di dollari e lo scorso anno il gruppo ha realizzato profitti per 1,6 miliardi. Nel trimestre concluso al 30 luglio le vendite sono scese del 4,7%, i ricavi di quasi il 14% e l'utile netto dell'80%. Anche il Suv Haval H6, con il pick-up Steed cavalli di battaglia del gruppo cinese, ha registrato nei primi sette mesi del 2017 una flessione del 5,5% a 263mila unità.

Great Wall, rappresentata in Italia dalla società Eurasia (la sede è a Palazzolo sull'Oglio, nel Bresciano, e si occupa di assicurare i ricambi per i 10mila veicoli che circolano nel Paese, oltre a distribuire quelli per gli

automezzi Tata), nel 2014 aveva realizzato, in joint venture con il governo bulgaro, una fabbrica, a Lovech. La mission: produrre per l'Europa sotto l'egida di ingegneri inglesi. L'impianto non ha mai raggiunto gli obiettivi.

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