I fondi sferrano l'attacco a Hitachi: «Ora più garanzie»

Elliott: «C'è il rischio di un conflitto di interesse sulle commesse» Tokyo cede e approva il dividendo

Camilla Conti

L'ultima tornata assembleare delle società quotate in Piazza Affari è teatro di una partecipazione più attiva dei fondi internazionali che hanno un maggiore peso nel capitale rispetto al passato. Tale partecipazione può tradursi in semplici mal di pancia, cartellini gialli alzati su consiglieri poco «indipendenti» o su remunerazioni eccessive ma anche in lunghe guerre di trincea. Come quella combattuta ormai da mesi sul campo di Ansaldo Sts fra i giapponesi di Hitachi e gli americani di Elliott.

Il fondo Usa contesta da tempo la vendita di Finmeccanica del 40% della controllata a Hitachi che ha permesso al gruppo nipponico il lancio di un'Opa sul resto del capitale a un prezzo giudicato troppo basso (9,899 euro). Per Elliott l'asticella deve alzarsi di circa 5,5 euro con il titolo della compagnia specializzata in segnalatori ferroviari che ha chiuso la seduta in Borsa a 10,35 euro (-0,19%).

Ieri l'ultima battaglia si è consumata nell'assemblea riunita a Genova: da Elliott (che possiede il 20% del capitale di Ansaldo Sts) si è subito levata la voce del rappresentante Giampiero Succi dello studio Bonelli Erede, che ha pregato i nuovi amministratori di mettere in piedi «specifici presidi di governance societaria» per far sì che la controllante Hitachi «non possa spogliare Ansaldo Sts di opportunità corporate», considerando che il gruppo giapponese è anche un concorrente della società italiana del segnalamento. In sostanza il timore è che le due aziende possano entrare in concorrenza sulle commesse. Succi ha poi parlato ancora di «collusione» tra Finmeccanica e Hitachi che «è stata accertata dalla Consob e dal Tribunale di Genova» nell'ordinanza con cui ha peraltro respinto la richiesta di Elliott di inibire il voto di Hitachi nell'assemblea. Il rappresentate di Elliott ha sottolineato che il «cambio di controllo di Ansaldo Sts non è stato conforme alla legge ed è stato a danno degli azionisti di minoranza». Da qui l'invito rivolto ai nuovi amministratori a un più «rigoroso e assiduo monitoraggio dell'amministrazione della società» da parte di Hitachi, perché Ansaldo Sts «non è un branch» dei giapponesi, visto che appartiene per quasi la metà ai soci di minoranza.

Alla fine un piccolo armistizio è stato raggiunto: l'assemblea ha infatti approvato all'unanimità la proposta di distribuzione di un dividendo da 0,18 euro per azione. Ha votato a favore della cedola anche l'azionista di controllo Hitachi, cosa tutt'altro che scontata considerato che i giapponesi avevano fatto capire di essere orientati a votare no. Approvato, invece, a maggioranza il bilancio 2015 con l'astensione di Elliott e della società di consulenza inglese Bluebell Partners che hanno dichiarato di «non essere stati messi in condizioni di votare informati» non avendo ricevuto le risposte desiderate dal presidente uscente Alistair Dormer. L'assemblea ha nominato il nuovo cda di 9 membri che resterà in carica per il prossimo triennio. Hitachi ha eletto 6 membri tra cui il presidente Dormer e quello che sarà il nuovo ad Andrew Barr in sostituzione di Stefano Siragusa (da lunedì sarà senior partner «di una società di consulenza globale», ha detto ieri). Ai soci di minoranza, tra cui Elliott, sono andate tre poltrone che saranno occupate da Giuseppe Bivona (Bluebell), Rosa Cipriotti e Fabio Labruna.

Gli stessi fondi hanno chiesto a Dormer di farsi da parte come nuovo presidente e di eleggere Bivona per la guida del cda. Proposta che prima Dormer non ha accolto e che poi l'assemblea ha respinto, votando a maggioranza per la conferma di Dormer. E la guerra continua.

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