Intesa, Torino accelera la discesa

Compagnia San Paolo sceglie l'advisor per cedere una parte della quota. Bazoli: «La mia avventura sta per finire»

Il 2016 sarà un anno di svolta per Intesa: nuova governance, nuovo vertice e anche nuovi pesi nel capitale con l'alleggerimento del suo primo azionista. Secondo quanto risulta a Il Giornale , infatti, la Compagnia Sanpaolo avrebbe già nominato un advisor per assisterla nella cessione di una parte cospicua (circa il 4%) delle sue quote della banca, oggi pari al 9,3 per cento. Il protocollo siglato a primavera tra il Tesoro e l'associazione delle Fondazioni (l'Acri), infatti, impone di ribilanciare l'esposizione nella banca conferitaria, quando questa supera il 33% del patrimonio del singolo ente. A Torino il valore delle attività finanziarie lorde totali a fine 2014 è di 6,7 miliardi di euro, di cui il 54% circa è appunto rappresentato dalla partecipazione strategica in Intesa.

La Compagnia guidata da Luca Remmert, dunque, eccede largamente il tetto e deve quindi liberarsi di almeno il 3% della banca. Operazione che, sostiene una fonte, dovrebbe concretizzarsi entro l'anno. Nel frattempo, Intesa ha avviato il cantiere della nuova governance con il passaggio dal modello duale a quello monistico: l'istituto si è impegnato a varare il nuovo statuto entro metà ottobre, in modo da inviarlo alla Bce e programmare un'assemblea straordinaria entro metà febbraio, due mesi prima di quella che in aprile rinnoverà il cda con i nuovi meccanismi.

Al tagliando sul governo societario si affianca il cambio al vertice: «La mia avventura milanese sta per finire», ha detto ieri il presidente del consiglio di sorveglianza, Giovanni Bazoli, nel corso del suo intervento di presentazione del restauro della Casa del Manzoni nel cuore di Milano. Alla richiesta di indicazioni sul suo ruolo nella banca con la nuova governance, ha risposto: «Di questo non aggiungo altro».

L'avvocato bresciano, classe 1932, banchiere di lungo corso con una presenza di oltre quarant'anni al centro del sistema finanziario italiano (di cui trentatrè nelle vesti di presidente di quello che una volta fu il Nuovo Banco Ambrosiano e oggi una delle due banche più grandi del Paese), è stato nel 2007 tra i padri fondatori di Intesa Sanpaolo con la fusione tra Banca Intesa e il Sanpaolo Imi.

Il toto-successore è già cominciato: uno dei candidati sarebbe Gian Maria Gros-Pietro, oggi presidente del consiglio di gestione, ma la sua corsa - si mormora in ambienti finanziari milanesi - sarebbe già finita prima di cominciare.

Ad avere più chances sarebbe invece un outsider, un volto poco noto ai non addetti ai lavori ma assai stimato all'interno del gruppo: il nome che circola è quello del commercialista modenese Carlo Corradini, ex amministratore delegato di Banca Imi e dal 2013 consigliere di sorveglianza eletto nello stesso «listone» di Bazoli proposto dalla Fondazione Cariplo. La scelta di Corradini non sarebbe dunque sgradita né all'ente milanese guidato da Giuseppe Guzzetti né tantomeno al professore bresciano. Che, in attesa degli annunci ufficiali sul ricambio al vertice, non si tira indietro a commentare altri dossier. In primis quello emerso dalle indiscrezioni de Il Sole 24 Ore , che ipotizzava un matrimonio a tre con Unicredit e il Monte dei Paschi di Siena. «È un progetto che non sta né in cielo né in terra», ha detto ieri Bazoli.

E questo perché in Italia «ci siamo molto rafforzati» in questi anni e poi «c'è anche una ragione» di natura concorrenziale «che ci porta a dire che non possiamo» farlo. Piuttosto, ha avvisato, «quando ci saranno le condizioni valuteremo una crescita esterna» a livello europeo.

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