Non tutti vedono nero in un momento di crisi. Federico Minoli è uno di questi, anche perchè è già stato protagonista di alcuni miracoli finanziari di grande successo. Alla Ducati, sull’orlo del fallimento quando gli fu affidata dal fondo americano Texas Pacific Group nel 1996, l’ex consulente di McKinsey inventò molto anche a livello di marketing, portando la produzione da 12mila a 40mila esemplari e salvando così circa mille posti di lavoro.
«Ebbene sì - spiega Minoli - Ducati fu per me una grande soddisfazione. Riuscimmo a portarla in Borsa, poi venne ceduta al fondo della famiglia Bonomi e, adesso, fa parte del gruppo Audi». Ducati, però, non è rimasto un caso isolato. Minoli, ora, ha creato una sorta di «pronto intervento» per le aziende in difficoltà. «Nel 2008 - aggiunge - molte società sono entrate in difficoltà finanziaria non perché i loro business fossero decotti, ma soltanto in quanto, con la crisi innescata da Lehman Brothers, molte imprese si sono ritrovate a corto di liquidità. Il problema è stato che negli anni del boom erano state acquisite da fondi di investimento con il meccanismo del leverage buyout». E, quindi, il denaro necessario per acquistarle veniva poi portato a debito dell’azienda stessa che alla fine si ritrovava con interessi spropositati da pagare.
E così dopo le moto Minoli si ritrova ad avere a che fare con le barche. «Cantieri del Pardo - afferma - la società dei Grand Soleil venne acquisita da un fondo a leva. Nel 2008 il mercato ha rallentato e, quindi, la cassa generata non bastava più per pagare i costi di esercizio e il debito. L’azienda era in procinto di chiudere con grave danno per i circa mille dipendenti, tutti molto qualificati. Ma alla fine è stata salvata e venduta ai tedeschi di Bavaria e i dipendenti hanno conservato il posto».
Per Minoli salvare le aziende è una grande soddisfazione, anche se non nasconde le difficoltà e il lavoro psicologico che si rende necessario per cercare di motivare i dipendenti che, ovviamente, pensano di perdere il posto di lavoro.
«Mi sono occupato anche di Uno più - continua - un’azienda che fa mobili da giardino di fascia alta. Anche in quel caso c’erano un bel po’ di posti di lavoro in ballo, circa 300, e poi abbiamo dovuto convincere da un lato gli azionisti e le banche a perdere dei soldi e, dall’altra, i dipendenti ad aver fiducia accettando turni di lavoro particolari». Anche se poi, per Minoli, sono comunque solo questi ultimi gli unici ad avere diritti, dato che dai meccanismi di acquisto di una società a leva non hanno certo guadagnato.
E tra le aziende salvate ci sono anche due aziende che operano nella moda come Bally, che fa scarpe in Svizzera, e una di abbigliamento, Escada. Anche in questo caso i posti di lavoro salvati sono stati parecchi. Accanto a queste situazioni positive c’è, però, anche un insuccesso. «Con Unoaerre, un marchio di oreficeria - dice ancora Minoli - non siamo invece riusciti a fare l’operazione sperata».
Dopo aver lavorato molto al servizio dei fondi di investimento ora Minoli sta operando con capitali propri. «Ho rilevato tre aziende concessionarie Mercedes - chiosa -; stiamo cercando di salvare circa 80 posti di lavoro».
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