Subito, mette in chiaro un punto: «In nessuna circostanza i depositi dei nostri clienti sono mai stati a rischio». Eppure, il fuggi-fuggi dai conti correnti c'è stato eccome: il flusso in uscita «è stato molto importante» all'inizio di dicembre, ma il fenomeno «si è completamente arrestato tra gli ultimi giorni dell'anno e i primi di gennaio», ammette il presidente di Mps, Alessandro Falciai, davanti alle commissioni Finanze di Camera e Senato. Un'emorragia fermata probabilmente grazie all'eliminazione di quegli elementi di incertezza che pesavano sul futuro dell'istituto. A cominciare dalla composizione dell'azionariato. «Lo Stato avrà circa il 70%» del capitale, precisa, una volta convertiti in azioni i circa 4 miliardi di euro di obbligazioni. Uno snodo importante che legherà l'istituto senese alla Borsa, anche se «non posso dire» quando finirà la sospensione del titolo. «Il resto verrà preso dallo Stato, che attraverso questo meccanismo di conversione alla fine investirà circa 6 miliardi», mentre due miliardi saranno a carico degli istituzionali. Un intervento di nazionalizzazione che poteva essere accelerato, sgomberando il campo dagli interrogativi sollevati quando si prospettava una soluzione privata? «Era nostro dovere morale, prima di poter chiedere un solo euro allo Stato e ai contribuenti, provare a esperire tutte le operazioni di mercato», ha detto Falciai.
Certo i problemi rimangono, e riguardano in prima battuta la cessione dei 27 miliardi di sofferenze che gravano sui bilanci. Marco Morelli, ad del Monte, ha spiegato durante l'audizione di voler procedere con una vendita in blocco, tema che sarà al centro del cda di oggi. «Vogliamo liberarcene il più rapidamente possibile», ma la tempistica sarà inevitabilmente condizionata dall'esito della negoziazione con la Commissione europea. Morelli ha chiarito che nei primi giorni di febbraio dovrebbe esserci la presa di contatto con le autorità di vigilanza italiane ed europee sul piano industriale. E, comunque, il Monte non intende stravolgere l'impianto della ristrutturazione già autorizzata da Bruxelles, quella a seguito della sottoscrizione dei Monti Bond, in cui è previsto il passaggio da 2mila a 1.500 sportelli e la riduzione di 2.450 lavoratori. Il piano ha posto vari paletti alla banca. «Per esempio - ha specificato Falciai - i total asset della banca pre-ristrutturazione erano 240 miliardi, oggi siamo a 160 miliardi, quindi il bilancio della banca si è asciugato del 30%, quasi di un terzo. Vorremmo che questo fosse il punto di riferimento per la negoziazione».
Sul suo futuro, Morelli spiega che «siamo assolutamente pronti a qualunque giudizio» sul management, dicendosi disposto
a restare anche con una forte riduzione di stipendio. Stessa disponibilità da Falciai: «Il mio mandato è a disposizione dell'azionista, una volta fatto il piano si sceglieranno le persone migliori per portarlo avanti».RE
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