Economia

"Tagliata la produzione di petrolio". L'assist alla Russia che preoccupa l'Ue

Riuniti a Vienna i produttori Opec+ hanno optato per un taglio di 100mila barili al giorno, annullando il precedente aumento di pari entità deciso a luglio. È una mossa pro-Russia?

"Tagliata la produzione di petrolio". L'assist dell'Opec+ alla Russia

Opec+, un’alleanza che include i 10 Paesi Opec a cui si aggiungono dieci produttori di petrolio indipendenti (capitanati da Mosca), ha deciso che, a partire da ottobre, produrranno 100mila barili in meno al giorno. Di fatto è stato ripristinato il contatore perché, lo scorso luglio, Opec+ aveva deciso di aumentare la produzione di altrettanti barili.

Gli elementi da prendere in considerazione sono tre: la Russia si dice estranea alla decisione della riduzione perché, con il rallentamento dell’economia, si rischia di dimostrare che la domanda di greggio è inferiore all’offerta e, di conseguenza, i prezzi sul mercato possono essere sfavorevoli. Un’idea condivisa dai mercati stessi che, prima che i membri Opec+ si riunissero a Vienna il 5 settembre, erano propensi a credere che il cartello avrebbe aumentato la produzione. Non da ultimo occorre sottolineare che quello deciso è il primo taglio nel corso dell’ultimo anno.

La disputa energetica

È in corso una lotta sottile che si può spiegare risalendo al mese di luglio, quando l’Opec+ ha deciso di aumentare la produzione di 100mila barili, poca cosa rispetto alle richieste fatte dal presidente Usa Joe Biden che si era recato in Arabia Saudita proprio per chiedere all’Opec di dare una netta spinta alla produzione affinché i prezzi sul mercato si calmierassero.

Ritornando al 5 settembre, l’Opec+ ha reso noto che il lieve aumento di produzione fosse da intendere limitatamente al mese di settembre e questo lascia emergere gli spigoli della disputa in corso che trova spazio nei litigi energetici tra la Russia e l’Occidente, preoccupato dalla carenza di gas che rischia di minare l’inverno.

Così, mentre il G7 è orientato a porre un limite al prezzo del petrolio russo, anche per porre un freno ai mezzi economici con cui il presidente della Federazione russa Vladimir Putin può finanziare la guerra in Ucraina, il Cremlino ha annunciato che smetterà di vendere petrolio ai paesi che si adegueranno all’idea del G7. Un segnale che si deve aggiungere alla mancata riapertura del Gasdotto Nord Stream 1 il quale, in prima istanza, sarebbe dovuto rimanere chiuso per manutenzione fino al 2 settembre: Mosca nega ogni responsabilità, ma intanto il prezzo del gas ha toccato aumenti del 28%.

Il G7 non vuole tornare sui propri passi ed è difficile credere che, il taglio alla produzione deciso da Opec+, non sia una sorta di ricatto. 100mila barili non sono una quantità ingente ma sono un buon campanello d’allarme, utile a ricordare chi ha il coltello dalla parte del manico. L’Ue è propensa a credere che l’ingerenza russa nelle forniture di energia siano un modo per disseminare incertezza e per incamerare più introiti da impiegare nelle attività belliche.

Se il prezzo del gas è salito sull’ottovolante ed è in piena ascesa, altrettanto non si può dire di quello del petrolio, in calo da giugno. Ieri, dopo la decisione dell’Opec+, ha avuto un sussulto del 2,5% fino ad arrivare a quota 96,9 dollari, toccare il minimo quotidiano di 89,16 dollari al barile e chiudere a quota 95,74. Al momento in cui scriviamo il prezzo è stabile.

Non è la decisione di tagliare la produzione a fare paura, quanto le preoccupazioni legate agli aumenti dei tassi di interesse e alle misure anti-Covid applicate in alcune zone della Cina che possono rallentare la crescita economica anche su scala globale, facendo crollare la domanda di petrolio.

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