La pandemia abbatte la Borsa. Bruciati 42 miliardi in 6 mesi

L'Italia perde 100 miliardi di Pil. Bene i settori digitale e Grande distribuzione: "Ora investire sulla robotica"

La pandemia abbatte la Borsa. Bruciati 42 miliardi in 6 mesi

L'esigenza di recuperare fatturato e utili dopo lo choc del lockdown impone di investire sulla digitalizzazione. È quanto suggerisce un'analisi dell'Area studi di Mediobanca che ha preso in esame i bilanci di 150 multinazionali industriali mondiali con ricavi annui superiori a 3 miliardi di euro e 25 società quotate del Ftse Mib rappresentative del 76% della capitalizzazione di Borsa. Lo tsunami che si è abbattuto sul Pil delle principali economie viene sintetizzato con due paragoni: nei primi sei mesi 2020 il prodotto dell'area euro ha perso la Slovacchia e l'Austria, l'Italia invece ha bruciato quasi 100 miliardi di Pil, l'equivalente dell'intera economia di Umbria e Puglia.

Non tutti i settori hanno patito la crisi allo stesso modo. Flessibilità e capacità di adattamento hanno favorito l'ascesa delle WebSoft (+17,6% annuo per il fatturato del primo semestre), seguite dalla Gdo (+9,6%) con il consolidamento del canale dell'e-commerce e dall'elettronica (+5,6%) . Bene anche le aziende farmaceutiche (+1,3%), il food (+0,7%) e i pagamenti digitali (+0,4%). Le multinazionali petrolifere (-33,8%) sono invece quelle più in difficoltà insieme ai produttori di aeromobili (-31,8%), alla moda (-28,4%) e all'automotive (-26,9%). Per la grande distribuzione gli utili netti sono balzati del 31,6% nel primo semestre dell'anno, così come per i big dell'high tech: elettronica (+11,9%) e i giganti del web (+9%). Pesanti le ripercussioni per i produttori di aeromobili, per i colossi petroliferi, per l'automotive e la moda che passano da un utile a una perdita netta a causa dello stop dei consumi. Secondo lo studio, per i mezzi di trasporto si è trattato «del peggior crollo della storia».

Il Ftse Mib, perciò, non ha fatto altro che rispecchiare il trend globale. Al 30 giugno scorso vede le 25 società analizzate da Mediobanca avevano un valore in Borsa pari a 335 miliardi. Nei primi sei mesi in Borsa sono stati «bruciati» 42 miliardi di capitalizzazione a causa del pesante ribasso del primo trimestre (-22,9%, -86 miliardi). Nel secondo trimestre, invece, è iniziata la ripresa (+15,1%, +44 miliardi).

Le blue chip del campione hanno perso ricavi per oltre 50 miliardi (-25,3%): le energetiche e le utility hanno registrato il minore calo (-14,9%), mentre il petrolifero con Eni (-40,4%) e la manifattura (-26%) riportano le maggiori perdite di fatturato. In positivo solo Inwit (+46,4%, grazie anche all'incorporazione di Vodafone Towers), DiaSorin (+8,6%) e Terna (+7,7%); seguite da Snam (+3,3%), Recordati (+2,3%) e Stm (+1,9%).

In un contesto nel quale sono stati persi 18 miliardi di profitti fra le poche blue chip che sono riuscite a riportare un incremento del risultato netto su base annua si segnalano Buzzi Unicem (+60,7%, dato influenzato dalle plusvalenze effettuate su cessioni), Telecom (+23%, determinato in massima parte dalla plusvalenza sulla cessione in due tranche del 26,8% di Inwit), Recordati (+13,2%), DiaSorin (+13,1%), Inwit (+4,3%) e Terna (+3,0%). Il resto ha chiuso il semestre in rosso.

A livello patrimoniale si è incrementato l'indebitamento (+9,7%) e si sono contratti i mezzi propri (-8,1%).

Ecco perché, conclude Mediobanca, per cogliere le opportunità della ripresa «serve un cambio di paradigma» investendo sulle competenze digitali e sulla robotica, «strumenti utili per il superamento della crisi».

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