Il paradosso: meno assunti con le nuove norme sui contratti a termine

Il paradosso: meno assunti con le nuove norme sui contratti a termine

Sono 8mila le persone che rischiano di trovarsi disoccupate quando il loro contratto a termine sarà scaduto e non potrà essere rinnovato a seguito delle novità introdotte dal dl Dignità. La relazione tecnica del provvedimento evidenzia che il numero di contratti a tempo determinato attivati (al netto dei lavoratori stagionali, agricoli e della pubblica amministrazione e compresi i lavoratori somministrati) ogni anno è pari a 2 milioni, di cui il 4% (80mila) supera la durata effettiva di 24 mesi.

Il numero di coloro che non trova altra occupazione dopo i 24 mesi è pari al 10%, quindi 8mila. In realtà il decreto determina perciò minori possibilità di lavoro per 80mila persone delle quali sono 8mila quelle pressoché certe di non ricollocarsi in alcun modo. È un pessimo inizio per quello che si è definito «governo del cambiamento» e che ha iniziato la propria produzione legislativa con una norma che restringe la durata dei contratti a tempo determinato da 36 mesi a 24 mesi. «Un provvedimento che distrugge lavoro, non lo crea. Come tale il Parlamento lo discuterà e, noi auspichiamo, lo modificherà», ha commentato ancora ieri la vicepresidente della Camera, Mara Carfagna (Forza Italia). Considerato che meno persone lavorano meno entrate fiscali sono prevedibili c’è da dire che non promette bene nemmeno il divieto di pubblicità per il gioco legale. Gli impatti negativi sugli incassi del Fisco sono stimati in 147 milioni di euro al 2019 e in 198 milioni a regime dall’anno dopo. Numeri che incideranno su una minore previsione di entrata dalla nuova gara per il Superenalotto.

Non dovrebbe invece comportare nessun effetto economico la restituzione degli incentivi fiscali per le imprese che delocalizzano. Numeri che complessivamente fanno emergere l’impostazione illiberale, pasticciata e improvvisata del decreto di Di Maio

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