L'età per la pensione è stata fissata per altri 4 anni: quando si va via

Rimane congelata fino al 2026 l'età per le pensioni di vecchiaia. Tuttavia, la Ragioneria dello Stato ha pubblicato un documento rilevante per aziende e lavoratori, ecco quale

L'età per la pensione è stata fissata per altri 4 anni: quando si va via

Nonostante la pandemia da Covid-19 che ha fatto abbassare l'aspettativa di vita in Italia, fino al biennio 2025-2026 i requisiti per accedere alle pensioni non subiranno cambiamenti contrariamente a quanto previsto inizialmente dove si era paventata l'ipotesi di un ritardo di tre mesi.

L'età pensionabile

Come detto, le nuove tabelle ci dicono che l'età per il raggiungimento della pensione di vecchiaia rimarrà a 67 anni fino al 2026, subendo un aumento di due mesi tra il 2027 al 2028 e di altri tre mesi (67 anni e cinque mesi) dal 2029 in poi. Nella versione precedente, invece, i requisiti di 67 anni e tre mesi erano stati anticipati al biennio 2025-26, diventando 67 anni e sei mesi nel 2027-28 e 67 anni e nove mesi nel 2029-30. Come riporta IlSole24Ore, per la pensione anticipata saranno necessari 42 anni di contributi per le donne e un anno per gli uomini "ferma restando la finestra di attesa di tre mesi prima della decorrenza del trattamento". Bisognerà invece verificare se le certificazioni con le richieste pensionistiche prodotte dall'Inps nel 2022 saranno basate sulle tabelle di settembre o dicembre 2021: nel primo caso, infatti, ci sarebbero requisiti ben peggiori rispetto a oggi e non più sostenuti dalle ultime proiezioni Istat, "con possibili esclusioni dall'accesso all'esodo in realtà non più fondate", scrivono gli esperti economisti.

Cosa succede ogni due anni

Come stabilito dalla legge 122/2010, le età pensionabili possono subire variazioni ogni due anni, con un incremento massimo di tre mesi, in base agli aggiornamenti sull'aspettativa di vita in Italia. La circolare Inps 28/2022 del 18 febbraio ha acquisito quanto scritto dal decreto del ministero dell'Economia e delle Finanze del 27 ottobre 2021 che ha stabilito ufficialmente come, nel biennio 2023-24, "gli ingressi a pensione non subiranno alcun incremento nei requisiti anagrafici o contributivi". Questo significa che per la pensione di vecchiaia non cambierà nulla fino al 2024 con il requisito di 67 anni d'età per entrambi i sessi mentre per quella anticipata i requisiti rimangono "congelati" fino al 2026 a causa del decreto legge 4/2019.

Le ripercussioni per i lavoratori

Ma non è tutto perché, una volta l'anno, la Ragioneria dello Stato pubblica quale sia l'aspettativa di vita secondo i decreti del Mef anche se non assume un valore vincolante: l'edizione del 2021 è stata pubblicata a settembre ma, a fine novembre, l'Istat ha rilasciato nuove previsioni demografiche sulla base del 2020 assimilate dalla Ragioneria dello Stato che ha aggiornato i requisiti di accesso alle pensioni con valori inferiori di tre mesi rispetto a quanto pubblicato a settembre per il biennio 2026-27. Questi dati non hanno soltanto un valore meramente statistico, ma provocano conseguenze immediate sulle aziende e i lavoratori coinvolti nelle uscite dal mondo lavorativo.

Per queste categorie, quindi,

il dato aggiornato del Rapporto 2021 dalla Ragioneria dello Stato non è soltanto un pezzo di carta ma determina la partecipazione, o meno, all'esodo per il quale hanno manifestato la volontà di aderire.

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