
Ieri ho ricevuto la telefonata di un consulente finanziario. Ha chiesto la mia disponibilità nel rilasciargli un'intervista per la sua tesi di laurea. Ho accettato, lusingato dalla richiesta, e mi sono prestato al fuoco di fila delle sue domande. Tuttavia è bastata la prima per accendermi e proseguire come un fiume in piena. Mi ha chiesto cosa ne pensassi degli strumenti in grado di legare risparmi ed imprese di questo Paese. Ho risposto con un'altra domanda: «Sa qual è l'articolo della Costituzione italiana più disatteso?» È il 47, quello che riguarda il risparmio: «La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito. Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese». La parte più disattesa non è la prima, ma la seconda, dove dice si dell'«accesso del risparmio». Chi ha scritto così sapeva bene cosa bisognava fare. Sono stati coloro che sono arrivati dopo che non l'hanno capita e ancora non la capiscono. Legare risparmi ed imprese produttive in Italia potrebbe davvero rappresentare la panacea di tutti i mali e ora che le maglie dell'austerity europea si sono allargate bisognerebbe puntare alla crescita.
I risparmi avrebbero remunerazioni importanti e renderebbero più ricchi gli italiani. Quei risparmi, investiti sulle aziende del Paese le renderebbero più produttive e capaci di crescere, di aumentare la forza lavoro diretta ed indiretta e questa inciderebbe sui consumi migliorando la crescita anche in altri settori. Eppure, quando sento parlare di soluzioni per l'Italia sento parlare di Btp Italia, di debito o addirittura di patrimoniale.
Chi accumula debito non cresce, chi accumula debito è votato alle rinunce, chi accumula debito non può scegliere il proprio futuro, chi accumula debito, prima o poi chiude i battenti. È questa l'Italia che vogliamo? Triste e sull'orlo del fallimento?
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