«Lavoreremo anche alla revisione dei provvedimenti recenti e meno recenti per quanto riguarda il credito cooperativo e le banche popolari». Questa possibile «controriforma» sul sistema bancario cooperativo è stata annunciata il 6 giugno dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte durante il dibattito sulla fiducia alla Camera. «Dobbiamo cercare di recuperare la funzione importante e tradizionale che aiuta il tessuto produttivo, non delle grandi imprese, ma quello delle pmi, dei commercianti, degli artigiani e dei professionisti», ha detto il neo presidente del Consiglio.
Al grido «riprendiamoci il territorio», dunque, c'è aria di controriforma su Bcc e Popolari, rallentando ulteriormente il già bradipico riassetto varato dal governo Renzi che sta per arrivare in porto con la domanda per l'autorizzazione presentata dai due gruppi nazionali, Iccrea e Cassa Centrale in Banca d'Italia e in Bce per la loro nascita.
Le parole di Conte sono solo propaganda? «Rispondo come Einaudi: Conoscere per decidere. Leggerò con grande attenzione gli articolati dei disegni di legge quando fossero presentati», ha commentato giovedì scorso il numero uno dell'Abi, Antonio Patuelli.
Ma poi è arrivato l'altolà di Bankitalia, che vigila sulle piccole Bcc che devono aggregarsi: «Il legislatore valuti bene i costi e i benefici: questa è una decisione politica», ha sottolineato il direttore generale, Salvatore Rossi, ricordando che via Nazionale aveva dato due anni fa un parere favorevole alla riforma Renzi la cui ratio «era di consentire alle Bcc di raccogliere capitali sui mercati lasciando loro il radicamento sul territorio». I due gruppi nazionali del credito cooperativo, che per dimensioni diventerebbero rispettivamente il quarto e il decimo gruppo in Italia, verranno assoggettati alla vigilanza unica della Banca Centrale Europea.
Più volte Bankitalia ha sottolineato l'urgenza di un consolidamento nel credito cooperativo: la capacità di generare profitti delle banche di minori dimensioni risente, infatti, delle difficoltà di ampliare i ricavi e di una più bassa efficienza operativa. Nel frattempo, l'instabilità politica rischia di peggiorare la situazione. Perchè la vecchia holding del settore, ovvero Iccrea, nel 2017 è risultata la banca più esposta sui titoli di Stato: Bot e Btp pesano per oltre il 600% del capitale. Più sale lo spread, dunque, più aumenta, per questi istituti, il peso sulle spalle, che non sono larghe come quelle di big del calibro di Intesa o Unicredit. E più sarà difficile restare sul mercato.
Iccrea «ha già inviato l'istanza per la costituzione del gruppo bancario cooperativo agli organismi di vigilanza europei e italiani, a valle di un lungo, complesso ed impegnativo percorso progettuale con l'impiego di importanti risorse economiche», ha detto il presidente di Iccrea Banca, Giulio Magagni, che chiede con urgenza un incontro con il presidente del Consiglio.
Quanto alla riforma delle popolari, è stata promossa solo pochi mesi fa dalla Corte Costituzionale e ha oggi
poche possibilità di essere ribaltata visto che 8 banche su 10 (mancano all'appello soltanto la Sondrio e la Popolare Bari), tra quelle interessate dal provvedimento, si sono già trasformate in Spa e sono vigilate dalla Bce.
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