Economia

Mosca sull'orlo del default: cosa succede alla Russia

La nazione guidata da Putin sull'orlo del crac: scade oggi il mese di garanzia per i mancati pagamenti sulle obbligazioni internazionali. L'ultima crisi finanziaria del Paese risale al 1998

Mosca sull'orlo del default: cosa succede alla Russia

Un passo ancora, poi il baratro economico. La Russia è sull'orlo del crac: il Paese guidato da Vladimir Putin sta scivolando verso il default tecnico sul suo debito, con pochi segnali di pagamento da parte degli investitori che detengono le sue obbligazioni internazionali. Il fallimentare scenario, prospettato da tempo dagli analisti e derubricato da Mosca come una "farsa", è in procinto di concretizzarsi. Sarebbe la prima crisi finanziaria della nazione dal 1998 e, se la situazione precipitasse davvero, Mosca si troverebbe ad affrontare il suo primo default su obbligazioni internazionali dalla Rivoluzione bolscevica di oltre un secolo fa a oggi.

L'odierno allarme rosso, anzi russo, riguarda i 100 milioni di dollari di interessi su due obbligazioni, una denominata in dollari e una in euro in scadenza nel 2026 e nel 2036. Mosca doveva pagare i due bond il 27 maggio, ma era stato concesso un periodo di grazia di 30 giorni, arrivato per l'appunto alla scandenza. Se quei soldi non arriveranno - spiega Bloomberg - non ci sarà una dichiarazione formale di fallimento ma, nei fatti, già nella mattinata di oggi ci sarà un "evento di default", secondo quanto spiegano i contratti obbligazionari stessi. Si tratterebbe di un evento simbolico ma dalla fortissima valenza, destinato ad avere conseguenze e contraccolpi, anche qualora non dovesse incidere nell'immediato. Gli esperti spiegano che il default tecnico costituirebbe un forte smacco al prestigio della nazione, costituendo un "marchio" negativo per il futuro.

Al momento, a causa delle sanzioni scattate dopo l'avvio della guerra in Ucraina, Mosca è di fatto già esclusa dal circuito dei mercati internazionali, non potendo effettuare operazioni finanziarie in dollari né in euro. E i suoi beni sono diventati "intoccabili" per molti investitori. La situazione peraltro sembra privare di prospettive la nazione di Putin, dal momento che è difficile ipotizzare quando avverà il suo reinserimento nel perimetro della finanza globale.

A fronte di questa situazione, il Cremlino si rifiuta chiaramente di ostentare debolezza e assicura che non ci sono motivi per un default della Russia. Mosca, piuttosto, sostiene che non è in grado di inviare denaro agli obbligazionisti a causa delle sanzioni, accusando l'Occidente di cercare di spingerla a un default artificiale. Lo stesso Putin, in tempi non sospetti, aveva ribadito che la stabilità economica del Paese era garantita, temendo probabilmente di subire danni alla propria leadership a seguito un possibile crac. Del resto, proprio la crisi che colpì la Russia nel 1998 contribuì a spianare la strada all'ascesa dello Zar, delegittimando l'azione dell'allora presidente Boris Eltsin.

Secondo Bloomberg, già nei prossimi giorni gli obbligazionisti potrebbero raggrupparsi per fare una propria dichiarazione, oppure potrebbero scegliere di attendere l'evoluzione della guerra e delle reazioni occidentali, per quantificare le possibilità di chance di rimettere le mani su quel denaro.

Intanto, il ministero delle Finanze di Mosca ha dichiarato di aver effettuato i pagamenti al suo National Settlement Depository (NSD) onshore in euro e dollari, aggiungendo di aver adempiuto agli obblighi. Tuttavia, è improbabile che i fondi arrivino a molti detentori internazionali.

Il tempo corre, il rischio default pure.

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