Salta l'accordo Unicredit-Santander

Niente fusione per Pioneer, che potrebbe finire in Borsa. Le carte Fineco e Pekao

Camilla Conti

Che la «riabilitazione» di Unicredit sarebbe stata una sfida impegnativa, il nuovo amministratore delegato Jean Pierre Mustier l'ha messo in conto quando ha accettato il timone della banca lo scorso 30 giugno per poi mettersi al lavoro il 12 luglio.

Il giorno prima, il Financial Times aveva scritto che l'accordo da 5,3 miliardi di euro fra la controllata Pioneer e il Banco Santander sarebbe saltato dopo venti mesi di negoziato per l'impatto della Brexit sulla vendita di prodotti di asset management da Londra all'Unione europera.

E ieri le indiscrezioni del quotidiano britannico sono state confermate: le nozze fra Pioneer Investments e Santander Asset Management non si faranno perché le parti, spiega una nota, non sono riuscite a individuare una soluzione per soddisfare tutti i requisiti regolamentari richiesti «entro un arco di tempo ragionevole» e quindi hanno concluso «che fosse più appropriato porre fine alle trattative».

Durante una conferenza telefonica con gli analisti sulla semestrale, l'ad del Banco spagnolo Josè Antonio Alvarez, ha ribadito di aver «cercato per quanto possibile di venire incontro alle istanze regolatorie e non siamo riusciti a farlo». Unicredit, Santander e i fondi Usa General Atlantic e Warburg Pincus (controllanti di Sherbrooke Acquisition Corp) avevano firmato un accordo preliminare nell'aprile 2015, poi diventato vincolante lo scorso novembre, per fondere Pioneer e Santander Asset Management in una complessa architettura societaria che avrebbe dato vita a un colosso dell'asset management con 400 miliardi di euro di attività gestite. L'impatto dell'operazione sul Cet1 (l'indice di tenuta patrimoniale) di Unicredit era stato quantificato in 25 punti base. Avrebbe quindi contribuito al necessario rafforzamento dei ratio alzando l'asticella rispetto alle soglie minime fissate dalle Bce. Con lo stop alle trattative, Pioneer finisce dunque nel perimetro della revisione strategica del gruppo i cui esiti saranno annunciati entro l'anno e tra le possibili opzioni sarà valutata anche la quotazione in Borsa. Mustier ha inaugurato la sua gestione mettendo a segno due operazioni da circa un miliardo, ovvero la vendita del 10% di Fineco e della controllata Pekao, e martedì ha inoltre varato la nuova struttura organizzativa cambiando la prima linea manageriale.

Intanto il titolo Unicredit ieri ha accusato il colpo del mancato accordo: le azioni dell'istituto di Piazza Cordusio hanno ceduto il 4,1% a 2,15 euro, mentre quelle di Fineco sono scivolate del 4,21 per cento.

Pesano anche le indiscrezioni su un aumento di capitale da 5 miliardi (operazione già definita inevitabile nelle settimane scorse dal presidente Giuseppe Vita senza però dare indicazioni sull'eventuale importo) e la vendita

dell'intera proprietà di Fineco e Pekao.

Per avere conferme si dovrà però aspettare il nuovo piano industriale, che la banca presenterà entro fine anno. Mentre per settimana prossima sono attesi i risultati del secondo trimestre.

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