Su Premafin-Fonsai è guerra di nervi

Mediobanca punta a chiudere con Unipol, ma l’offerta Palladio-Sator resta in corsa. Il ruolo delle authority

Su Premafin-Fonsai è guerra di nervi

L’esito della battaglia su Fonsai, che entra nel vivo con la settimana che inizia oggi, dipenderà molto dalle prossime decisioni in capo a Premafin, la holding che controlla il 35% della compagnia. Meno importante, invece, sarebbe il confronto - pur interno a Premafin - tra le banche creditrici della holding: guidate da Unicredit, con 110 milioni, ci sono Mediobanca (75), Banco Popolare (45), Cariparma (40), Bpm (40), Ge-Interbanca (38) e Intesa Sanpaolo (20 milioni).
Oggi è previsto un incontro con l’advisor di Premafin, Leonardo, nel quale Unicredit e Mediobanca (che hanno dalla loro sicuramente la Bpm) contano di ottenere il via libera alla ristrutturazione del debito da 368 milioni, propedeutico all’ingresso di Unipol. Mentre gli altri istituti sarebbero interessati anche a valutare la proposta alternativa di Sator-Palladio. Ma questo delle banche non sarebbe il focus primario del confronto tra Unipol e Sator-Palladio per il salvataggio di Fonsai. L’attenzione è piuttosto da concentrare su Premafin, che ha ancora quattro giorni prima della scadenza dell’offerta di intervento di Sator-Palladio.
Il termine per la decadenza dell’offerta è fissato per giovedì 8 marzo e fino a ieri sera non sembrava fosse oggetto di rinvio. Per questo il tempo stringe e le strategie sono evidenti: da un lato, Mediobanca punta a chiudere tra oggi e domani con le banche, per poi dare un’accelerazione finale verso il cda di Fonsai del 15 marzo; dall’altro, Sator e Palladio aspettano che il fronte Unipol si sfilacci da solo. Come? Puntando su due elementi: il primo, sono rischi delle conseguenze giuridiche della decadenza dell’offerta in capo ad amministratori e consulenti di Premafin e Fonsai; il secondo, è il ruolo delle authority Isvap e Consob.
Sul primo punto - è il ragionamento di Sator-Palladio - Premafin presenta un patrimonio negativo, ricadrebbe di fatto negli obblighi dell’articolo 2.447 del Codice civile (capitale sociale ridotto sotto il limite legale) e, come tale, richiede da parte dei suoi amministratori grande attenzione nel respingere un’offerta che potrebbe essere migliorativa rispetto a quella pur trattata in esclusiva. E un peso, in proposito, l’hanno certamente anche le banche d’affari anglosassoni nel ruolo di advisor di Fonsai: Goldman Sachs (che segue la fusione) e Citi (per i consiglieri indipendenti).
Per quanto riguarda le authority, il tema riguarda la fusione a quattro (Premafin-Unipol-Fonsai-Milano) che è il cardine del piano Mediobanca. In proposito, la Consob deve valutare l’esenzione dell’Opa; ma è dall’Isvap che potrebbero arrivare indicazioni importanti su come calcolare il margine di solvibilità consolidato (e dunque definire il perimetro finanziario effettivo dell’operazione) tenendo conto dei debiti di Premafin e dell’assetto del gruppo Ugf (dove è presente anche Unipol Banca).
Per tutti questi ordini di motivi, la situazione si presenta fluida e la partita aperta perché le decisioni del cda di Premafin, di giovedì scorso, non hanno avuto la forza di chiudere i giochi.


Di certo il confronto sarà serrato anche perché l’impressione è che, al di là del riassetto di Fonsai, in gioco ci sia ormai anche altro. A cominciare dal ruolo di dominus di Mediobanca negli equilibri della grande finanza nazionale.

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