Tra Leonardo Del Vecchio e Mediobanca per ora è tregua armata. All'assemblea dell'istituto riunita ieri a Milano l'imprenditore di Agordo non si è fatto vivo, né si è consumata la resa dei conti. Ma qualche segnale è arrivato dal libro soci. Delfin, la holding del patron di Luxottica, si è presentata con in mano il 7,5%. Del Vecchio ha quindi arrotondato dopo il blitz di settembre che lo ha portato al 6,9% ed è diventato il secondo azionista davanti a Vincent Bollorè. Il finanziere bretone si è infatti lasciato sorpassare: ha venduto probabilmente sul mercato - l'1,1% scendendo dal 7,8% al 6,7%. Invariato, invece, il peso di Unicredit all'8,8%, Blackrock al 4,9% e Mediolanum al 3,2 per cento.
Delfin rafforza quindi la sua presa sulla banca guidata da Alberto Nagel ma ieri ha votato a favore di tutti i punti all'ordine del giorno, compreso il bilancio 2018-2019 che è stato approvato dal 99,9% del capitale presente in assemblea. Quindi anche dai soci del patto di consultazione (che rappresenta il 21%) e dal mercato, ovvero i fondi rappresentati da Assogestioni che ieri si sono presentati all'appuntamento con in tasca quasi il 30%.
Delfin si è invece astenuta su un tema delicato: l'Istituto Europeo di Oncologia, che un anno fa è stato terreno di scontro fra Mediobanca e Del Vecchio e probabilmente all'origine del blitz sul capitale della banca. Quando ieri mattina un piccolo azionista ha promosso il voto su un'azione di responsabilità nei confronti del cda di Mediobanca, colpevole di aver impedito che Del Vecchio si facesse promotore di una ricapitalizzazione da 500 milioni per il rilancio dello Ieo e del centro cardiologico Monzino, Delfin insieme ad alcuni fondi ha preferito non esprimersi.
Quale sarà la prossima mossa del patron di Luxottica? Presenterà istanza alla Bce per superare il 10% di Mediobanca? Di certo, ieri ha mandato in assemblea come suo ambasciatore l'ad di Delfin, Romolo Bardin, che al termine dei lavori ha lasciato sorridente la sede di via Filodrammatici con bocca cucitissima e in spalla uno zaino griffato Generali. Bardin siede, infatti, nel cda del Leone di cui Del Vecchio è già terzo socio con il 4,9% dietro a Caltagirone (5,1%) e alla stessa Mediobanca (13%).
Del Vecchio pensa che l'istituto debba tornare a fare l'investment bank senza più contare troppo sui contribuiti all'utile che le derivano dalla quota nella compagnia triestina. "E' un'affermazione che andava bene 10 anni fa non oggi, gli ha risposto ieri Nagel, spiegando che il contributo ai ricavi è sceso dal 25% al 12,5% e augurandosi che le Generali restino indipendenti e basate in Italia.
Una dichiarazione non casuale, visto che il nodo triestino è tornato ad aleggiare insieme al presunto asse tra Del Vecchio e Unicredit il cui ad, Jean Pierre Mustier parla francese come il partner transalpino di Luxottica, Essilor, come l'ad delle Generali. Philippe Donnet, ad delle stesse Generali e amico personale di Mustier. E come Bollorè che, dopo aver apprezzato l'operato di Nagel, sembra volersi tenere fuori dalla mischia. Quanto a Mustier, il banchiere ha sempre definito finanziaria la partecipazione in Mediobanca, pronto a cederla in presenza di prezzi di mercato convenienti.
Credo che in futuro ci potrà essere una progressiva normalizzazione dell'azionariato, siamo pronti a qualsiasi evenienza, ha detto Nagel. Che anche con Del Vecchio ieri ha usato la diplomazia: Noi lavoriamo per tutti gli azionisti, chiunque essi siano, per definizione.
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